martedì 15 luglio 2014

Ernst Ludwig Kirchner e il Die Brucke: l'idea di un ponte per un'umanità migliore

Ritratto di Ernst Ludwig Kirchner 
Tra le vittime della mostra sull’Arte degenerata, manifestata dalla politica nazista negli anni ’30, oltre al già raccontato Otto Dix, configura un altro protagonista della Rivoluzione stilistico pittorica tedesca contemporanea: Ernst Ludwig Kirchner, un pittore che, nel corso della sua vita, provò, con successo postero, a raccontare la società e la vita quotidiana tedesca del suo tempo, attraverso un forte impatto cromatico.

Il pittore, nacque a Aschaffenburg, in Baviera, nel 1880, vivendo la sua formazione accademica in un periodo di forte interesse verso le novità ed avanguardie provenienti da tutt’Europa: iscrittosi alla Facoltà di Architettura di Dresda nel 1901, sicuramente incuriosito dalla forte emotività sprigionata dall’esplosione dei colori dettate dalle larghe campiture della pittura di Gauguin e Matisse, ed allo stesso tempo, dal compulsivo uso delle svirgolettate di Van Gogh, con alcuni suoi colleghi studenti (Fritz Beyl, Erich Heckel e Karl Schmidt Rottluff), nel 1905 fondò una corrente artistica, atta ad inaugurare un nuovo Espressionismo di stampo tedesco, il Die Brucke (trad.: Ponte).

E. L. Kirchner, Gruppo di artisti, 1926,
 olio su tela, Ludwig Museum, Colonia
Una corrente avanguardistica che, a differenza dell’Espressionismo fauvista francese di Matisse, Derain e De Vlaminck, era connotato da un forte accento di denuncia politico sociale. D’altronde, lo stesso nominativo della corrente, era un’esortazione a percorrere una sorta di ponte simbolico la cui meta finale sarebbe stata un futuro migliore dell’attuale (secondo i dettami nietzscheschi raccontati in “Così parlò Zarathustra”), considerando per l’appunto, il periodo di ormai abbandonata integrità morale, di alienazione degli operai sfruttati e trattati al pari di bestie da soma, di smarrimento ed insoddisfazione storico – politiche.

E l’ambiente che si respirava nel Die Brucke, era per alcuni versi simil-rivoluzionario, come si può dedurre dalla malinconica tela di Kirchner Gruppo di artisti del 1926, raffigurante tre dei quattro fondatori della corrente, più Otto Muller, pittore unitosi al contesto nel 1910. 
Bloccati in una stanza dalle pareti costrette dipinte di blu, i quattro pittori sono intenti a discutere tra loro: Muller, seduto a gambe accavallate, pare pensoso e perplesso mentre fuma la sua pipa, segue dietro, alla sua sinistra, coperto dalla parete spiovente, lo stesso Kirchner munito di giornale, ancora Heckel e Schmidt Rottluff, con le mani nella palta del pantalone; tutti rigorosamente imborghesiti nei loro abiti e nelle loro cravatte, con barba e capelli, rigorosamente precisi.

E. Nolde, La danza intorno al vitello d’oro, 1910, olio su tela,
 Staatsgalerie moderner kunst, Monaco di Baviera
Oltre a Muller, nel 1906, entrarono a far parte del Die Brucke anche Max Pechstein ed Emil Nolde; quest’ultimo in particolare, dette al gruppo già di per sé esponente di una vigorosità cromatica eccezionale, un’ulteriore spinta emotiva. Si veda uno su tutti, La danza intorno al vitello d’oro, del 1910, in cui un gruppo di donne balla freneticamente inneggiando al vitello d’oro: il movimento, la furia, l’esortazione, sono tradotte visivamente da un buon connubio stilistico cromatico; da un lato infatti una forte spinta è data dalle svirgolettate trascinate dal basso all’alto di colori pastosi e vigorosi, dall’altra l’utilizzo dei colori caldi, accende il sangue nel corpo di chi osserva.

E. L. Kirchner, Marcella, 1909,
olio su tela, Moderna Museet, Stoccolma
Il periodo del Die Brucke, durato sino al 1913, perché sciolto dai suoi componenti in seguito al problema binario del trasferimento di Kirchner a Berlino, e dello scontro di opinioni dei suoi componenti, scandalizzati sia dalla pubblicazione delle Cronache del Die Brucke dello stesso Kirchner, sia ormai indirizzati verso uno stile più individualistico che di gruppo, per il pittore coincise con la denuncia della società che guardava con i suoi occhi nelle città più popolate della Germania imperiale.
Forte impatto ebbe innanzitutto la serie dei ritratti di Marcella, (talvolta ricordata anche come Franzi), una prostituta minorenne consapevole della bellezza e della freschezza dei suoi anni, molto ambita dai signori di Dresda. Nei diversi ritratti appartenenti al biennio 1908 – 1910, Kirchner la raffigura sfrontata e spavalda nel suo sguardo sensuale, truccata esageratamente, spesso vestita,  ma anche nuda, coperta però nel pube e nel seno ancora acerbo, dalle sue braccia. Interessante è notare l’atteggiamento della ragazza, vogliosa di sedurre e sempre attenta al particolare vezzoso come il fiocco tra i capelli.

E. L. Kirchner, Marcella, 1910, olio su tela,
Minneapolis Institute of Arts, Minneapolis.
Nei ritratti più tardi del biennio, si può persino evincere come la modella bambina venga raffigurata nella sua crescita, non solo fisica ma anche psicologica: quella che era una bambina forte della sua influenza sugli uomini e divertita da tanto potere e dal gioco di posare per i pittori, diviene un’adolescente consapevole della vita sfrontata che sta alimentando. Marcella peraltro ormai è conosciuta nell’ambiente del Die Brucke, perché non è solo la modella di Kirchner: anche Max Pechstein la ritrae nella stessa posa e nelle stesse vesti indossate da lei per posare per il primo pittore.

Confrontando le due tele, è evidente che la ragazza abbia posato contemporaneamente per Kirchner e Pechstein, seppure i due abbiano reso le sue emozioni in maniera differente: Pechstein, posizionato frontalmente nella stanza, la ritrae seducente, con una mano tra le gambe incrociate, l’altra sul viso, attenta però a non coprire le labbra carnose; persino l’abito appare erotico nella cortezza della gonna e nelle forme del fondoschiena. Kirchner invece, posizionato alla sinistra di Marcella,  la ritrae sì nello stesso modo, ma ciò che ne deriva subisce una modifica percettiva: quella che è la modella sensuale di Pechstein, sembra essere più pudica agli occhi di Kirchner; l’abito appare più lungo di quanto non si direbbe nel primo, gli occhi socchiusi sembrano non raccontare erotismo ma stanchezza, la posa sensuale pare quella sciatta e casuale di una donna stesa sul divano.

M. Pechstein, Ragazza sul divano, 1910,
olio su tela, Ludwig Museum, Colonia
E. L. Kirchner, Marcella, 1910, olio su tela,
 Brucke Museum, Berlino

Pechstein peraltro non fu solo un semplice compagno del Die Brucke per Kirchner. Insieme nel 1911, convinti delle loro idee circa l’arte moderna e trasferitisi entrambi a Berlino, decisero di fondare un istituto accademico, l’Istituto MUIM, che per l’appunto si prefiggeva di inculcare nei negli iscritti della nuova generazione, una nuova metodica pittorica tipica di un’arte contemporanea in evoluzione. Ma il progetto non ebbe i successi sperati, per cui un anno dopo, nel 1912, il MUIM vedeva la sua chiusura. E a seguire, un anno dopo ancora, lo vide il Die Brucke.

P. Picasso, Les Deimoselles d'Avignon, 1907, 
olio su tela, MoMA, New York.
In quegli anni Kirchner sviluppò però le sue idee più geniali circa la trasposizione visiva della società del suo tempo. Ne sono esempio diversi dipinti esemplari, tra cui molto interessante per il soggetto e la composizione è Cinque donne sulla strada del 1913, al Ludwig Museum di Colonia.
La tela raffigura cinque prostitute, lo stesso soggetto iconografico de’ Les deimoselles d’Avignon che Pablo Picasso dipinse sei anni prima, agghindate di tutto punto e pronte ad accalappiarsi gli uomini proponendo le loro pose più sensuali. I colori acidi e freddi della tela contrapposti a quelli scuri degli abiti, i profili greci stilizzati delle meretrici, i fisici longilinei sino all’inverosimile e le linee spezzate dei loro cappelli, lasciano nello spettatore un senso di angoscia e degrado, tipico di quella realtà borghese lasciata alla deriva di se stessa che anche Otto Dix raccontava in quegli anni.

E. L. Kirchner, Cinque donne sulla strada, 1913, olio su tela, Ludwig Museum, Colonia

Emozioni avvalorate nelle due tele di Scene di strada di Berlino dello stesso anno e Postdamer Platz del 1914. In entrambe le tele, Kirchner introduce la sua visione pittorica della denuncia sociale, così come aveva fatto con le Cinque donne sulla strada. Le donne della Scena di strada a Berlino, sono donne succinte e vanitose, accompagnate dai loro mariti e fidanzati dai pastrani scuri e le bombette a tinta; tutto è frenetico, la gente sullo sfondo va e viene, si fonde in un'unica grande macchia – nitida - di colore scuro. Più angosciante Postdamer Platz, connotata dalla stessa tipologia di donne dal corpo troppo longilineo e dai copricapi dalle linee spezzate delle piume, ma arricchita del verde olivastro delle loro derma. Ancora, la città nello sfondo sembra contorcersi come risucchiata da un buco nero creatosi nello spartitraffico circolare dove sostano le due donne; il cielo è scuro e verde come la strada, gli edifici sono tetri: tutto contribuisce a rendere la piazza macabra.

E. L. Kirchner, Scena di strada a Berlino,
1913, olio su tela, Neue Galerie, New York
E. L. Kirchner, Postdamer Platz, 1914,
olio su tela, Neue Nationalgalerie, Berlino

Con lo scoppio della I guerra mondiale, così come fece incoscientemente Otto Dix (i due pittori nel loro vissuto hanno molte cose in comune), anche Ernst Ludwig Kirchner si arruolò volontariamente nell’esercito. Ma dalla vita di guerra ne uscì psicologicamente distrutto: l’orrore a cui aveva assistito nella prima guerra di trincea ad oltranza, la visione della morte e della mutilazione, lo provarono sino allo sfinimento, tanto che nel 1915, ad un anno dall’inizio del conflitto, subì un forte esaurimento nervoso e fu congedato al fine di curarsi.

. L. Kirchner, Autoritratto da soldato, 1915,
Allen Memorial Art Museum, Oberlin
Anche dai suoi autoritratti del periodo bellico si può notare come egli avesse subito il trauma della guerra: si veda l’Autoritratto come soldato, del 1915 in cui il pittore si dipinge nella sua uniforme di soldato, accompagnato da una donna nuda, probabilmente una prostituta non necessariamente legata a lui da sentimenti affettivi.
Lo sguardo del pittore, nella tela, sembra assente, alienato probabilmente dalla consapevolezza che sul fronte la morte giunge inaspettata: a dimostrarlo il moncone ancora sanguinante, simbolo della paura provata verso la guerra e delle conseguenze che questa, quindi, può procurare: una componente riscontrata appunto anche nelle tele di Dix degli stessi anni. 
E poi l’Autoritratto da ammalato, del 1918, che mostra un Kirchner scosso, angosciato, consapevole di cos’è la paura. Dalla finestra il paesaggio si tinge di colori sgargianti, la camera sembra rimpicciolirsi a vista d’occhio e in primo piano non resta che lui, il pittore dalla pelle livida e verdognola, preoccupato sul futuro.


E. L. Kirchner, Autoritratto da ammalato, 1918,
olio su tela, Das Stadel Museum, Francoforte
Con la fine della guerra giunse un florido periodo di successi per l’artista, che però, nonostante le diverse mostre monotematiche di cui fu protagonista e l’edizione di un suo catalogo personale, risentì sempre dei forti problemi emotivi e psicologici legati alla sua esperienza di guerra, come si evince da un più pacato seppur instabile Autoritratto dipinto nel 1931. Trasferitosi dal 1918 in poi a Davos, in Svizzera, nella cittadina visse il resto della sua sino al 1938, l’anno seguente alla sua disfatta professionale, derivata dalla messa al bando di centinaia di sue opere per mano dei nazisti, nella denuncia sull’arte degenerata. Lui, che con il Die Bruck aveva tanto combattuto per un’umanità migliore, ritrovandosi invece nella mani della peggiore fattispecie. 

E. L. Kirchner, Autoritratto, 1931, olio su tela, Bunder Kunstmuseum, Coira

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