domenica 9 novembre 2014

Edvard Munch, l'urlo, la morte, il dolore

"Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura."

Edvard Munch davanti al dipinto Il sole 
nell’atelier  a Skrubben, 1910, fotografia
Queste meravigliose righe che paiono essere state vergate da un poeta decadentista di fine secolo diciannovesimo, sono a tutti gli effetti la spiegazione della forte emozione che spinse Edvard Munch a dipingere il suo masterpiece, l’opera che l’ha relegato tra gli artisti immortali di tutti i tempi: l’Urlo.

Per contestualizzare l’opera al meglio, è ovviamente imprescindibile uno sguardo a quella che furono la personalità e la vita dell’artista, che fu pittore, incisore e all’occorrenza scrittore, nonché al suo stile pittorico ed alla sua poetica. Edvard Munch infatti fu il fondatore dell’Espressionismo di stampo tedesco (dove per tedesco si intende l’area geografica che copre Germania, Danimarca e paesi scandinavi), uno stile caratterizzato dall’uso di colori forti e violenti, a creare larghe campiture ad olio, piuttosto che vigorose virgolettate a tempera.

Laura ed Edvard Munch, 1863, fotografia
Edvard Munch, norvegese di nascita, nasce nel 1863 a Loten, un piccolo comune della contea di Hedmark, nell’entroterra della nazione scandinava. 
Un luogo che gli segnò l’esistenza perché qui sin da bambino, il pittore dovette combattere con due eventi che lo debilitarono nella psiche: prima la morte di sua madre Laura durante la tenera età, poi la morte di sua sorella Sofie per tubercolosi, durante la sua adolescenza. 
Due eventi che sicuramente segnarono il modo di vedere il mondo attorno a sé dell’artista, che frequentando prima l’Accademia di Belle Arti di Oslo ed i suoi salotti letterari, poi la movida parigina a contatto con artisti del calibro di Gauguin, Van Gogh e Toulouse Lautrec, ebbe modo di acquisire anche la visione d’insieme del nuovo gusto contemporaneo; un nuovo gusto che però era ancora talmente avanguardistico da non riscontrare un apprezzamento unanime dalla società.

E. Munch, La fanciulla malata, 1885, 
olio su tela, Galleria Nazionale, Oslo
Tant’è vero che, la sua prima retrospettiva da artista a Berlino nel 1892, fu letteralmente stroncata dalla critica benpensante del tempo, che analizzando tutte le opere esposte, trovò disdicevoli la maggior parte di esse: sicuramente grande clamore suscitò La fanciulla malata, olio del 1885, in cui il pittore racconta il dolore per la morte della sorella Sofie e la sofferenza provata per la perdita della cara mamma, traslate sulla tela nelle figure della ragazza a letto dal volto segnato dall’arrivo incombente della morte, e di sua madre stanca e debilitata al suo capezzale.

Ed un anno più tardi quindi giunge l’Urlo. Come scritto nella descrizione appuntata dallo stesso Munch nel suo diario mentre era ricoverato presso l’ospedale di Nizza, il dipinto racconta la scena precisa in cui il pittore fu colpito da un forte senso di  paura, sgomento e irrequietezza mentre passeggiava in compagnia di due amici sul ponte di Nordstrand, un piccolo paesotto nei pressi di Oslo, oggi inglobato alla città come quartiere. Sul piano compositivo infatti è ben ravvisabile la figura dell’artista in primo piano fermo sul ponte e dei due amici indefiniti nelle loro sagome scure sullo sfondo.

E. Munch, L’Urlo, 1893, olio tempera e pastello su cartone, Galleria Nazionale, Oslo

I preludi dell’Espressionismo. L’esplosione dell’espressionismo. Il racconto è chiaro, eppure è tramutato in uno scenario che relega il pittore come unico protagonista della vicenda, nonostante la compresenza dei due amici: cosa giustificata dal fatto che i due signori con lui non possono comprendere lo stato d’animo dell’artista, che per quanto è in compagnia, in quel momento è solo a lottare con le sue paure, col suo senso di smarrimento. E qui infatti il soggetto si autorappresenta con le sembianze abominevoli di un uomo scarnito e scavato, quasi fosse un teschio ricoperto solo di pelle, dagli occhi sgranati e la bocca spalancata come se fosse atterrito.

E. Munch, Madonna, 1894,
olio su tela, Galleria Nazionale, Oslo
Il tutto avviene sul ponte quindi, che pare essere infinito nel suo snodarsi obliquamente dall’angolo destro inferiore della tela sino ai 3/5 del lato sinistro; un ponte balaustrato in legno che rimane dritto, che ha un inizio ed una fine - per quanto non raffigurati nella tela – esattamente come il vissuto dell’uomo: il ponte è la vita, che tutti siamo destinati a percorrere e lui è lì, fermo immobile in quel momento preciso del suo percorso, attonito e sconvolto dalla crisi di panico in atto.

Oltre al ponte, il resto della composizione segue linee ondulate, che consegnano alla scena un dinamismo angosciante, distorto, shockante e pressante che, combinato ai colori caldi del cielo e dei fiordi, e freddi del mare, rappresenta in pieno il manifesto dell’Espressionismo di stampo tedesco che verrà ripreso in seguito da artisti del calibro di Otto Dix e Ernst Ludwig Kirchner; un manifesto che nell’artista norvegese vedrà il suo continuum  con altre versioni dell’Urlo, con la serie delle Madonna (cinque versioni tra gli anni 1894 – 1895) e con dipinti che ripropongono la versione atterrita dell’uomo come Sera sul viale Karl Johan.

E. Munch, Sera sul viale Karl Johan, 1892, olio su tela, Commune Ramus Meters Collection, Bergen

L’Urlo si rivelerà quindi nel corso del XX secolo, essere non solo l’opera simbolo dell’Espressionismo, ma addirittura dell’arte contemporanea mondiale: un percorso turbolento quello fatto dal dipinto, che vede dapprima il suo diniego nell’etichetta di Arte Degenerata durante il periodo nazista, poi la collocazione delle sue versioni nella Galleria Nazionale di Oslo e nel Museo dedicato allo stesso Munch dallo Stato a seguire la morte del suo creatore, ed ancora il doppio furto del dipinto conservato al Museo Munch, datati al 1994 e 2006. In quest'ultimo caso il dipinto fu trafugato assieme alla versione della Madonna ivi conservata, ma fortunatamente solo due anni dopo entrambe le opere sono state ritrovate, restaurate, e dal 2008 tornate quindi a padroneggiare nuovamente le sale del museo.  

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1 commento:

  1. Bellissimo approfondimento su Munch. Come sempre questo blog sa dare delle interessanti pillole di approfondimento!!!
    Compimenti Dario ;-)

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