martedì 14 giugno 2016

Eva Amos: cuore e talento di una giovane pittrice russa

Eva Amos 
Ho avuto il piacere di ospitarla a casa per qualche giorno, di poter parlare con lei e capire la sua visione artistica del mondo e delle persone, guardare alla sua tecnica, conoscere il suo percorso.
Ho avuto il tempo di scoprirla, di poter condividere con lei qualche passione comune e del piacevole tempo libero. Tanto che ho deciso di dedicarle una svirgolettata, perché in un mondo fatto di cloni e artisti monotoni, lei fa sicuramente la differenza.

Eva Amos, pittrice russa classe 1986, nasce a Samara, nella Russia ai confini col Kazakistan, figlia di due artisti locali. Da questi impara tutte le tecniche utili a lasciare il segno su ogni sua creazione, tecniche che affina frequentando scuole settoriali sino a conseguire una laurea in Arte con indirizzo artistico artigianale.

Inizialmente molto accademica, ma sempre attenta alle novità provenienti da ogni parte del mondo e pronta a guardare al passato in maniera analitica per poterlo attualizzare, è in Italia, dopo il suo trasferimento avvenuto nel 2014, che Eva Amos – il cui pseudonimo è dato dalla fusione del suo nome e cognome “EvAmos” – acquisisce un suo stile personale che lei è usuale definire “un mix tra cubismo e pop art”.

Firma della pittrice 

Eva Amos durante i preparativi 
dell'evento vernissage Red Art Party
Uno stile che non è un copia-incolla delle due rivoluzionarie correnti artistiche, ma un adattamento originale di queste ai tempi nostri, in un’esplosione di colori che ricordano spesso e volentieri il vibrante fauvismo di Matisse e De Vlamink, se non altre volte, la dolcezza degli oli postimpressionisti.

Tanto che a meno di 30 anni, Eva Amos può vantare partecipazioni ed esposizioni non indifferenti a diverse mostre e vernissages dal 2015: nel febbraio dello stesso anno è grande protagonista della mostra Ritratti d’animo tenutasi allo Spazio Anteprima di Saronno; ancora nel giugno partecipa alla mostra Colore d’Amore nello Spazio Creativo Testaccio a Roma; nel settembre espone a Palazzo Cosentini per l’ART EXPO di Ragusa; ad ottobre al Teatro Centrale di Roma, alla sua personale FUORI CLICHE’; a dicembre partecipa alla collettiva ARTE e CONFRONTO nella Fondazione Mazzoleni ad Alzano Lombardo e ancora nel gennaio 2016 alla Collettiva B I A N C A N E R A presso l’Art Actory Cafè.

Ma non si può capire Eva Amos se non diamo uno sguardo alle sue opere, che non sono mai dei semplici oli o acrilici su tela.
Dipinti che raccontano una visione spesso dolce della vita e scevra da malignità, come nel caso della Bella Addormentata al mare, schizzo di acquerello del 2015, in cui viene ritratta una dolcissima bambina addormentata, sul cui corpo e viso riaffiorano i colori del mare e del paesaggio circostante, in una calda e armoniosa fusione di tutti gli elementi della composizione. 

E. Amos, Bella addormentata al mare, 2015, schizzo con acquerello, Collezione Privata., Milano  

E. Amos, Infinity, 2015, acrilico - nero di seppia - puzzle 
su tela, Collezione Privata, Milano. 
O ancora Infinity, la tela collage che raffigura l’unione amorosa di due persone, in una promessa perenne d’amore, attraverso il tocco delle loro dita a disegnare il simbolo dell’infinito. Una farfalla si poggia sulla mano di lei a simboleggiare la bellezza di un rapporto così limpido e i pezzi di puzzle raccontano concretamente la costruzione di un percorso tutto in divenire.

Ancora più particolarità però dimostrano le opere in cui traspare un occhiata di fondo alle correnti artistiche del passato: Lontano ha i colori delle serigrafie di Warhol e la matericità dei fauvisti più incisivi; Diva riprende nelle forme e nelle armonie cromatiche Kandinskij ma con connotazioni molto più naif e simboliche; Mood of the day riprende non di rado i colori e le linee spezzate che riecheggiano gli Espressionisti tedeschi così come i Futuristi italiani, in un equilibrio sottile di gioia e tristezza, colori vivi e colori cupi.

E. Amos, Diva, 2016, olio su tela,
Collezione Privata, Milano. 
E. Amos,Lontano, 2015, olio su tela,
Collezione privata, Milano.
















E. Amos, Mood of the Day,
 2015, 
olio su tela, Collezione Privata, Milano
E. Amos, Ritratto d'amore, 2015, olio su tela,
Collezione Privata, Milano.

Per saperne di più di lei vi allego i suoi contatti social, invitandovi a considerare questa ragazza che, dalla fredda Russia, è giunta in Italia con un forte desiderio di rivalsa, portando con sè tutta la sua bravura e il suo talento:


E. Amos, Pensieri e mela, olio, 2015, cioccolato e caffè su tela,
Collezione Privata, Milano.  

sabato 30 aprile 2016

Il Castello di Bracciano, tra Orsini ed Odescalchi

A poche decine di chilometri da Roma, verso nord, sul Lago di Bracciano si affaccia l’omonima cittadina celebre per essere una delle roccaforti delle nobili famiglie degli Orsini e degli Odescalchi, entrambe detentrici del titolo nobiliare di duchi di Bracciano.

Svettante sul colle più alto, si erge quello che è il monumento più caratteristico e importante di Bracciano, il castello, un vero e proprio esempio di edificio medievale atto alla vita di corte dei Signori e alla preparazione dell’esercito nell’armeria, costruito tra il 1470 ed il 1485 per volere di Napoleone Orsini prima e a seguire di suo figlio Gentil Virginio, su progetto di Francesco di Giorgio Martini.
Castello che dal 1952 è adibito a polo museale e aperto al pubblico per volere di Livio IV Odescalchi, - previo ingresso a pagamento, - e altresì anche adibito a location per matrimoni e ricevimenti.

Castello Odescalchi a Bracciano 

Le armerie, Castello Odescalchi, Bracciano
Visitare il Castello Odescalchi (la struttura prende il nome dalla famiglia che l’acquisì dagli Orsini nel XVII secolo) è una vera e propria esperienza extrasensoriale, perché permette un’autentica full immersion nella vita di corte che fu degli Orsini: già nelle armerie si può percepire quella che era l’adunanza alle armi durante i periodi di guerra. Per quanto infatti le stanze si presentino spoglie di ogni arredamento, la sensazione di vivere la storia bellica della famiglia è percepibile, attraverso lo svolgimento delle murature in orizzontale che aprono a vasti spazi, adibiti per l’appunto all’adunanza delle truppe.

Sala Papalina, Castello Odescalchi, Bracciano. 
Ma è nelle stanze del castello dove si svolgeva la vita di corte che si vive tutta la magia degli anni di splendore degli Orsini, famiglia potentemente ammanicata con papi e cardinali, tanto da averne esponenti essa per prima: Niccolò III (papa dal 1277 al 1280) e Benedetto XIII (papa dal 1724 al 1730). Nella prima sala che si percorre durante il tour museale infatti, è ben visibile la potenza di questa nobile famiglia, poiché in quella sala fu ospitato Papa Sisto IV Della Rovere, in fuga dalla Peste che stava mietendo vittime nella capitale (motivo per cui si chiama “Sala Papalina”).

La sala in seguito fu adibita a biblioteca del palazzo (ancor oggi all’interno di grandi biblioteche in legno con ante vitree sono custoditi manuali e libri molto preziosi) e presenta sul soffitto un ciclo di affreschi riproducenti l’Oroscopo delle nozze, dipinti dai fratelli Taddeo e Federico Zuccari nel 1560, per celebrare il matrimonio tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici.

F. e T. Zuccari, L’oroscopo delle nozze, 1560, affresco, Castello Odescalchi, Bracciano. 

Sala Umberto I, Castello Odescalchi, Bracciano
Seguendo lo stesso motivo, anche la seconda sala, la “Sala Umberto I” prende nome dall’importante personaggio storico che vi fu ospitato, il re d’Italia Umberto I, in visita nel 1900 al figliolo Vittorio Emanuele III impegnato in un addestramento militare nelle zone circostanti: la sala presenta un interessantissimo soffitto a cassettoni affrescato dalla bottega di Antoniazzo Romano (braccianese di origine) e un arredamento molto elaborato probabilmente riconducibile al XVI-XVII secolo, in legno colorato d’azzurro con intarsi dorati. Sul caminetto invece, un ritratto di Colbert, politico ed economo del XVII secolo. 

Sala del Trittico, Castello Odescalchi, Bracciano 
A seguire la “Sala del Trittico”, così chiamata perché ospita un meraviglioso trittico composto da una pala del XVI secolo e due ante d’organo probabilmente asseribili ad Antoniazzo Romano. Le due tavole raffigurano una emozionante Annunciazione della Vergine: nella prima è raffigurato l’Arcangelo Gabriele di profilo intento a portare la buona novella alla Madonna, che, nell’altro pannello, è intenta a leggere le sacre scritture. Nella pala centrale invece si manifesta la Crocifissione di Cristo, che presenta una non poco curiosa personificazione degli astri.

Antoniazzo Romano (attr.), Annunciazione, fine XV sec., olio su tavola, Castello Odescalchi, Bracciano 

Anonimo, Cristina di Svezia,
1640, olio su tela,
Castello Odescalchi, Bracciano
.
Proseguendo ci si imbatte nella bellissima “Sala del Pisanello”, chiamata erroneamente così per via dell’errata produzione del fregio del soffitto al noto pittore, per quanto lo stile pittorico non sia molto dissimile. Il fregio raffigura scene di vita quotidiana vissute dalla donna e ricorda non poco i cicli pittorici dei castelli del nord Italia (vedasi ad esempio Il ciclo dei mesi nel Castello del Buon Consiglio di Trento): cosa caratteristica tuttavia è l’associazione delle figure femminili a nomi di personaggi mitologici e biblici.

Dal punto di vista dell’arredamento e delle collezioni della famiglia Orsini, interessante è quella delle ceramiche, che si sviluppa all’interno di teche vitree lungo le murature della stanza: sono ammirabili vasi da farmacia, piatti e bicchieri e ogni sorta di particolare ceramica dipinta tra XV e XVIII secolo. Alle pareti invece sono affissi diversi ritratti, tra cui spiccano per bellezza e interesse storico quello di Innocenzo XI Odescalchi e quello di Cristina di Svezia in un meraviglioso abito regale, che visse in Italia dopo aver rinunciato al trono abdicando in favore del cugino Carlo X, e aver accolto la religione cattolica.

Sala di Pisanello, Castello Odescalchi, Bracciano 

Sala dei Cesari, Castello Odescalchi, Bracciano
Ancora la “Sala dei Cesari”, che ospita ad onor del nome che porta, alcuni busti dei più importanti imperatori romani, in marmo bianco peperino, databili al XVII secolo, (approfitto di questi, per estendere la critica a tutto il contesto: non sarebbe male se i curatori pensassero a fornire ogni opera di un talloncino illustrativo) e dal 1960, l’affresco di Antoniazzo Romano, staccato da un arco del cortile, raffigurante due imprese di Gentil Virginio Orsini: la cavalcata a capo dell’esercito aragonese verso Bracciano – svettante fiero sul suo cavallo bianco – e l’incontro con Piero de’ Medici davanti ad una favolosa struttura architettonica in prospettiva centrale tipica rinascimentale.

Antoniazzo Romano, Imprese di Gentil Virginio Orsini, fine XV secolo,
affresco staccato su tavola, Castello Odescalchi, Bracciano. 

Sala degli Orsini, Castello Odescalchi, Bracciano.
Proseguendo, la “Sala degli Orsini”, poiché qui vi erano appesi tra i più importanti ritratti della casata. Di questi ancor oggi rimangono i due importantissimi ritratti raffiguranti la celeberrima coppia di sposi Paolo Giordano Orsini e Isabella De’ Medici, divisi dallo stemma incorniciato della famiglia, nelle quali arme predominano nella parte inferiore bandature argentee e rosse, e in quella superiore una rosa canina rossa dai cinque petali su sfondo argenteo. A dividere le due arme, una banda dorata nel quale si sviluppa un’anguilla, che riconduce ai possedimenti della vicina Anguillara.

Questa ci introduce direttamente alla caratteristica “Sala di Isabella”.
Così chiamata perché per l’appunto, questa era la stanza in cui la nobildonna dormiva, nel meraviglioso letto a baldacchino dorato e azzurro in stile veneziano del XVI secolo, sotto una volta affrescata dalla scuola di Antoniazzo Romano sui cui fregi, putti sorreggono festoni e ghirlande.

Sala di Isabella, Castello Odescalchi, Bracciano 

Sala delle armi, Castello Odescalchi, Bracciano. 
Nel piano superiore si sviluppano in massima parte le collezioni di mobili e di armi degli Odescalchi, nelle sale che prendono il nome dalla collezione specifica o dalla riconduzione mitologica degli affreschi. Così è per la “Sala delle armi”, - ricavata soppalcando la Sala dei Cesari – in cui, sotto un fregio affrescato con le Storie di Uomini e Donne illustri (dove gli uomini sono ritratti entro clipei e le donne raffigurate a figura intera in pannelli rettangolari), prendono luogo le collezioni di armi e armature del XV – XVII sec., appartenenti agli Odescalchi. Tra questi spicca una meravigliosa armatura equestre da torneo di scuola milanese del XV sec. e due armature di fabbrica tedesca del XVI secolo.

E stessa considerazione va fatta per la “Sala di Ercole”, affrescata con storie mitologiche inneggianti all’eroe greco. Al suo interno continua la collezione delle armi Odescalchi, in particolare quella iniziata da Ladislao e ultimata da Innocenzo allo scoppio della I Guerra Mondiale: riguarda in massima parte cannoni, fucili e armi da sparo.

Sala di Ercole, Castello Odescalchi, Bracciano. 

Il ciclo di affreschi inneggiante alle Scienze e alle Arti, dà il nome alla “Sala delle Scienze”, nel cui fregio prendono luogo le riproduzioni dei “Tarocchi di Mantegna” all’interno di pannelli racchiusi da edicole gotiche, probabilmente dipinto dagli allievi di Antoniazzo Romano.
Pregiatissima, nell’arredo della stanza, è la Vesperbild di scuola tedesca, probabilmente asseribile al XIV-XV secolo.    

Sala delle Scienze, Castello Odescalchi, Bracciano. 
Anonimo, Vesperbild, XIV-XV secolo,
legno, Castello Odescalchi, Bracciano 

Sala del letto siciliano, Castello Odescalchi, Bracciano
L’arredamento particolare dà il nome a diverse sale, come la “Sala del bobolaccio”, che prende il nome dal baule di viaggio in cuoi con intarsi dorati, sito nella stanza, la “Sala del letto siciliano” che presenta un sontuoso e meraviglioso esempio di letto in ferro battuto di scuola siciliana del XVIII secolo; e ancora la “Sala Gotica”, che presenta un arredamento in stile neogotico, desiderato da Baldassarre Odescalchi, grande estimatore del nuovo stile sviluppatosi in Europa nel XIX secolo, tanto da volerne alcuni mobili per il suo castello.

Sala del Bobolaccio, Castello Odescalchi, Bracciano. 

Sala Gotica, Castello Odescalchi, Bracciano. 
A concludere l’affascinante tour, piccola menzione speciale merita la leggenda che aleggia attorno alla figura della Signora del Castello, Isabella de’ Medici, vista come una sorta di mantide religiosa dei suoi tempi.
Fonti storiche e dicerie, raccontano infatti che la sposa di Paolo Giordano, insoddisfatta e infelice del rapporto matrimoniale con suo marito, adescasse i suoi amanti per passare con loro focose nottate d’amore nella sua stanza – chiamata anche “Sala Rossa” - e, una volta che questi avevano adempiuto al compito, li trascinasse verso una porticina che dava ad un piccolo fosso trincerato di lame, dove questi trovavano la morte in modo cruento, dilaniati dal dolore.

Tanto che Paolo Giordano Orsini, esasperato dai suoi continui tradimenti, arrivò ad ucciderla nella villa di Cerreto Guidi a Firenze.
Una leggenda questa, però, che a distanza di secoli è stata smentita categoricamente da Elisabetta Mori, ricercatrice e studiosa di Isabella De’ Medici, che attraverso documentazioni e lettere d’amore è arrivata a poter affermare che la donna morì a soli 34 anni per un’infezione alle vie urinarie, intestinali e biliari e non per soffocamento.

Una donna che, stando alle lettere pubblicate, amava svisceratamente suo marito e in altrettanto modo fu amata, tanto che questo ne soffrì della sua morte in modo indescrivibile.
Una rivelazione che a distanza di quattro secoli ha riconsegnato alla figure di Isabella De’ Medici e Paolo Giordano l’amore che avevano effettivamente vissuto durante il loro matrimonio. 

Anonimo, Ritratto di Paolo Giordano Orsini,
1560, olio su tela, Castello Odescalchi, Bracciano
        Anonimo, Ritratto di Isabella De' Medici.
     1560, olio su tela, Castello Odescalchi, Bracciano.