sabato 9 agosto 2014

DJURO JANEKOVIC. Fotografo Croato, Artista Europeo

Facendo da chaperon con la mia amica Clizia, ad Alice, una ragazza di Cremona in vacanza in terra di Bari, ho avuto modo io per primo di rivalutare il territorio in cui vivo, rivelatosi a tutti gli effetti un vero e proprio scrigno d’arte bizantina e medievale.
E se già alla Pinacoteca Provinciale Corrado Giaquinto ed alla Gipsoteca Provinciale nel Castello Svevo di Bari, ho dedicato le mie attenzioni, in questa sede, prima di dedicarmi all'argomento trattato, non mi resta che accennare almeno allo splendore artistico ed architettonico che caratterizza la città di Bitonto, purtroppo più conosciuta per la sua criminalità che per gli aspetti gastronomici e per i suoi beni, tra cui spiccano la Galleria Nazionale della Puglia, il Torrione Angioino e la Basilica di Santa Maria Assunta, l’esempio più chiaro dell’architettura romanica pugliese, al pari di San Nicola a Bari.

Panoramica del centro storico di Bitonto, con la Basilica di Santa Maria Assunta

D. Janekovic, Dalla zona balneare sul Sava, 1933, fotografia. 
Ad ogni modo, in quest’occasione, ho avuto modo di ammirare nel Castello Svevo di Bari, oltre ad un paio di installazioni temporanee di Arnoldo Pomodoro, una mostra dedicata ad un fotografo poco conosciuto dalla gente, perché rivalutato soltanto negli ultimi tempi nonostante la sua scomparsa avvenuta più di vent’anni fa: il suo nome è Djuro Janekovic, classe 1912, nato e vissuto a Zagabria – in Croazia – sino al 1989 anno della sua morte.
[La mostra DJURO JANEKOVIC. Fotografo Croato, Artista Europeo, durerà sino al 15 settembre, (si è aperta il 15 luglio), ed è ospitata all’interno delle sale del Castello Svevo di Bari, (orari: tutti i giorni 8.30 – 19.30; costi: intero €5.00, ridotto €3.00)].  

D. Janekovic, Scuola di ballo 
di Margarite Froman, 1934, fotografia.
Di lui non si sa molto. Appassionato di fotografia, iniziò a raccontare la sua Croazia già da ventenne, quando, fotoreporter munito della sua macchina fotografica, immortalò nei suoi scatti tutta l’evoluzione socio-demografica della città verso un traguardo sempre più moderno e rivoluzionario. Scatti rivelatisi a tutti gli effetti importanti e “storici”, perché considerevoli documenti stampati su giornali di stampo nazionale come “Kulisa”, una rivista dal taglio moderno ed avanguardista, attento alle dinamiche dell’arte e della fotografia.

Guardando ai suoi meravigliosi scatti in bianco e nero, non si può ricondurre un  pensiero a due grandi fotografi a lui coevi: sicuramente sul piano tecnico infatti Janekovic riprende l’idea costruttivista di Aleksandr Rodcenko, nell’immortalare sagome e palazzi che si ergono dal basso verso l’alto in un gioco di tensione lineare e volumetrica; mentre sul piano emozionale e analitico, come non pensare a Robert Doisneau, che immortalò nei suoi scatti la meravigliosa Parigi del secondo dopoguerra?

D. Janekovic, Il direttore d’orchesta 
Issay Dobroven, 1934, fotografia.
Infatti analizzando la composizione di alcuni degli scatti presenti alla mostra, non è difficile notare un crescendo di forza e potenza nelle linee tese che caratterizzano lo scenario catturato da Janekovic; addirittura il taglio netto di alcune situazioni immortalate, lasciano allo spettatore la libertà quasi di immaginare un proseguo dell’ambiente oltre il perimetro della fotografia, altresì addirittura di immaginare possibili avvenimenti accaduti oltre lo sconfinamento dello stesso.

D. Janekovic, Automobili e autisti, autisti e automobili, 1934, fotografia. 

D. Janekovic, Fra le luci della grande città,
1933, fotografia. 
E nel complesso, l’idea di raccontare Zagabria negli anni di stasi tra le due guerre, è encomiabile. Zagabria non è mai stata profondamente documentata sul piano fotografico come altre grandi capitali quali Roma, Londra, Berlino o Parigi; la sua storia non viene mai raccontata nei manuali istituzionali di storia. Eppure Janekovic ci dimostra con i suoi scatti non solo la volontà di consegnare alla sua città il giusto tributo, ma anche (e soprattutto) la trasformazione della stessa in una realtà cosmopolita e multietnica: la città croata nei primi anni ’30 si apre alla cultura, alla novità, all’avanguardia, ed il fotografo ce lo racconta.

Ce lo racconta attraverso fotografie che ritraggono insegne al neon, sprizzanti di una vita notturna invidiabile, automobili per la strada, eventi memorabili nelle piazze; così come lo fa, attraverso fotografie atte ad indagare il mondo invisibile dell’anima: la preparazione di alcune ballerine prima di uno spettacolo, l’irruenza di un direttore d’orchestra durante un concerto, la dolcezza del raccoglimento di chi, nella notte, sotto la pioggia, aspetta il treno per tornare finalmente a casa.


D. Janekovic, Stazione di servizio, 1933, fotografia. 
D. Janekovic, Di fronte alla borsa di Zagabria, 
1934, fotografia. 
PS: Mi scuso per la qualità delle immagini, ma non avendo trovato materiale su Internet, ho dovuto postare le fotografie scattate con la mia macchinetta.   


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