mercoledì 20 agosto 2014

I Capolavori dell'Arte, collana del Corriere della Sera, firmata Philippe Daverio

Philippe Daverio, storico dell'arte,critico,
giornalista, scrittore ed autore televisivo.
In qualità di blogger d’arte, mi ritrovo spesso ad indicare mostre o retrospettive che ho visitato e mi hanno particolarmente colpito o che potrebbero rispecchiare l’interesse di qualunque estimatore di storia dell’arte perché ben costruite ed allestite.
Mai è accaduto – sinora – che facessi lo stesso per collane tematiche edite da riviste e quotidiani, poiché il mio scetticismo verso gli autori di quelle opere, mi porta a diffidare a grandi linee della loro effettiva validità.

Dico sinora, perché proprio in quest’occasione vi consiglierò una collana edita a partire dal 28 agosto 2014 dal Corriere della Sera, che tratterà ben 35 capolavori d’arte in altrettante uscite.
A convincermi la pubblicità di questa collana, devo ammettere, è stata la lettura dell’autore della stessa, il critico d’arte e giornalista Philippe Daverio, figura affermata nel panorama critico / storico artistico, già autore e conduttore di programmi ben strutturati come Passepartout, Il capitale  ed Emporio Daverio.

G. Klimt, Le tre età, 1905, olio su tela,
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma
Un signor storico dell’arte che io per primo ho avuto modo di conoscere durante una conferenza tenutasi presso l’Archivio Centrale di Stato, dove lavoravo in qualità di stagista, e che mi ha lasciato godere di alcune lezioni private ed improvvisate sul tema della diversa concezione legata al restauro in Occidente ed Oriente: un’esperienza emozionante e totalizzante, resa unica dal lessico aulico, complesso ma sempre chiaro del professore, coadiuvato da un fascino magnetico derivante dalla sua gesticolazione, dalla voce impostata e dallo sguardo fermo.

Ebbene, questa collana firmata Daverio (sicché quindi, per l’appunto, sinonimo di garanzia), è intitolata I Capolavori dell’Arte, ed in ogni suo numero andrà a raccontare un artista genio del suo tempo, in un discorso spiralato che parte dal suo masterpiece, continua con la sua biografia contestualizzata nella società e nel periodo storico a cui questo apparteneva, e finisce in una visione generale del periodo artistico che lo riguardava e del suo rapporto con i colleghi.

M. Buonarroti, Tondo Doni, 1503 – 1507,
tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze
Nello specifico, ogni singola uscita inoltre, è arricchita da una sezione antologica, con scritti degli artisti e contributi dei più importanti scrittori, pittori e storici dell’arte (da Giulio Carlo Argan ed Ernst Gombrich a Roberto Longhi, Carlo Levi e Bernard Berenson), che spiega e completa il racconto della vita dei maestri e della loro produzione artistica. Eppure ciò nonostante, la caratteristica importante dei volumi rimane quella che essi trattano il tema dell’arte in una maniera chiara e scorrevole, attraverso testi redatti in un linguaggio semplice e di facile consultazione.

Ma come è strutturata ogni opera? Per capirlo, mi rifarò alla prima uscita dell’opera, disponibile in edicola dal 28 agosto e per le due settimane successive, (che io ho avuto modo di consultare in anteprima in qualità di blogger), dedicata a Botticelli e al suo capolavoro la Nascita di Venere.

La monografia è suddivisa in 4 sezioni: la prima, dopo un’introduzione di Philippe Daverio, contiene un’analisi dettagliata sull’opera e la sua ispirazione; la seconda è dedicata alla vita dell’artista e alle sue opere maggiori; la terza sezione è dedicata ad un approfondimento sul suo tempo: da quello di Lorenzo il Magnifico alla Repubblica di Savonarola fino ai suoi contemporanei; Infine l’ultima tratta alcuni scritti di e su Botticelli, contenenti  un’ampia antologia critica, come anzidetto.

S. Botticelli, La Nascita di Venere, 1482 - 1485, tempera su tela, Galleria degli Uffizi, Firenze. 

J. Vermeer, La merlettaia, 1669, 
olio su tela, Museo del Louvre, Parigi 
A seguire la Nascita di Venere, nell’ordine saranno quindi editi: Caravaggio con la sua Canestra di frutta; Renoir con il Ballo al Moulin de la Galette; Michelangelo attraverso il Tondo Doni; Van Gogh con la sua splendida opera dei Girasoli; Vermeer e La merlettaia; Klimt con Le tre età; Piero della Francesca e La Sacra Conversazione; e ancora Leonardo, Gauguin, Monet, Tiziano, Canaletto, Raffaello, Manet, Bosch, Degas, Giotto, Delacroix, Vélasquez, Schiele, Tiepolo, Goya, Beato Angelico, Rembrandt, Duccio di Buoninsegna, Cezanne, Van Eyck, Masaccio, Ingres, De La Tour, Dürer, Rubens, El Greco e Poussin, per un totale di 35 artisti, racchiusi in eleganti cataloghi illustrati a colori (foliazione indicativa di 96 pagine), delle dimensioni di 19 x 23 cm, rilegati con brossura con alette.

Una collezione straordinaria che potrà non solo arricchire la nostra personale biblioteca privata, ma anche aprirci mondi meravigliosi a cui magari prima d’ora non avevamo mai guardato, nel progetto ambizioso di rendere un argomento aulico come la storia dell’arte, alla portata di chiunque. 

P.A. Renoir, Ballo al Moulin de la Galette, 1876, olio su tela, Museo d’Orsay, Parigi

sabato 9 agosto 2014

DJURO JANEKOVIC. Fotografo Croato, Artista Europeo

Facendo da chaperon con la mia amica Clizia, ad Alice, una ragazza di Cremona in vacanza in terra di Bari, ho avuto modo io per primo di rivalutare il territorio in cui vivo, rivelatosi a tutti gli effetti un vero e proprio scrigno d’arte bizantina e medievale.
E se già alla Pinacoteca Provinciale Corrado Giaquinto ed alla Gipsoteca Provinciale nel Castello Svevo di Bari, ho dedicato le mie attenzioni, in questa sede, prima di dedicarmi all'argomento trattato, non mi resta che accennare almeno allo splendore artistico ed architettonico che caratterizza la città di Bitonto, purtroppo più conosciuta per la sua criminalità che per gli aspetti gastronomici e per i suoi beni, tra cui spiccano la Galleria Nazionale della Puglia, il Torrione Angioino e la Basilica di Santa Maria Assunta, l’esempio più chiaro dell’architettura romanica pugliese, al pari di San Nicola a Bari.

Panoramica del centro storico di Bitonto, con la Basilica di Santa Maria Assunta

D. Janekovic, Dalla zona balneare sul Sava, 1933, fotografia. 
Ad ogni modo, in quest’occasione, ho avuto modo di ammirare nel Castello Svevo di Bari, oltre ad un paio di installazioni temporanee di Arnoldo Pomodoro, una mostra dedicata ad un fotografo poco conosciuto dalla gente, perché rivalutato soltanto negli ultimi tempi nonostante la sua scomparsa avvenuta più di vent’anni fa: il suo nome è Djuro Janekovic, classe 1912, nato e vissuto a Zagabria – in Croazia – sino al 1989 anno della sua morte.
[La mostra DJURO JANEKOVIC. Fotografo Croato, Artista Europeo, durerà sino al 15 settembre, (si è aperta il 15 luglio), ed è ospitata all’interno delle sale del Castello Svevo di Bari, (orari: tutti i giorni 8.30 – 19.30; costi: intero €5.00, ridotto €3.00)].  

D. Janekovic, Scuola di ballo 
di Margarite Froman, 1934, fotografia.
Di lui non si sa molto. Appassionato di fotografia, iniziò a raccontare la sua Croazia già da ventenne, quando, fotoreporter munito della sua macchina fotografica, immortalò nei suoi scatti tutta l’evoluzione socio-demografica della città verso un traguardo sempre più moderno e rivoluzionario. Scatti rivelatisi a tutti gli effetti importanti e “storici”, perché considerevoli documenti stampati su giornali di stampo nazionale come “Kulisa”, una rivista dal taglio moderno ed avanguardista, attento alle dinamiche dell’arte e della fotografia.

Guardando ai suoi meravigliosi scatti in bianco e nero, non si può ricondurre un  pensiero a due grandi fotografi a lui coevi: sicuramente sul piano tecnico infatti Janekovic riprende l’idea costruttivista di Aleksandr Rodcenko, nell’immortalare sagome e palazzi che si ergono dal basso verso l’alto in un gioco di tensione lineare e volumetrica; mentre sul piano emozionale e analitico, come non pensare a Robert Doisneau, che immortalò nei suoi scatti la meravigliosa Parigi del secondo dopoguerra?

D. Janekovic, Il direttore d’orchesta 
Issay Dobroven, 1934, fotografia.
Infatti analizzando la composizione di alcuni degli scatti presenti alla mostra, non è difficile notare un crescendo di forza e potenza nelle linee tese che caratterizzano lo scenario catturato da Janekovic; addirittura il taglio netto di alcune situazioni immortalate, lasciano allo spettatore la libertà quasi di immaginare un proseguo dell’ambiente oltre il perimetro della fotografia, altresì addirittura di immaginare possibili avvenimenti accaduti oltre lo sconfinamento dello stesso.

D. Janekovic, Automobili e autisti, autisti e automobili, 1934, fotografia. 

D. Janekovic, Fra le luci della grande città,
1933, fotografia. 
E nel complesso, l’idea di raccontare Zagabria negli anni di stasi tra le due guerre, è encomiabile. Zagabria non è mai stata profondamente documentata sul piano fotografico come altre grandi capitali quali Roma, Londra, Berlino o Parigi; la sua storia non viene mai raccontata nei manuali istituzionali di storia. Eppure Janekovic ci dimostra con i suoi scatti non solo la volontà di consegnare alla sua città il giusto tributo, ma anche (e soprattutto) la trasformazione della stessa in una realtà cosmopolita e multietnica: la città croata nei primi anni ’30 si apre alla cultura, alla novità, all’avanguardia, ed il fotografo ce lo racconta.

Ce lo racconta attraverso fotografie che ritraggono insegne al neon, sprizzanti di una vita notturna invidiabile, automobili per la strada, eventi memorabili nelle piazze; così come lo fa, attraverso fotografie atte ad indagare il mondo invisibile dell’anima: la preparazione di alcune ballerine prima di uno spettacolo, l’irruenza di un direttore d’orchestra durante un concerto, la dolcezza del raccoglimento di chi, nella notte, sotto la pioggia, aspetta il treno per tornare finalmente a casa.


D. Janekovic, Stazione di servizio, 1933, fotografia. 
D. Janekovic, Di fronte alla borsa di Zagabria, 
1934, fotografia. 
PS: Mi scuso per la qualità delle immagini, ma non avendo trovato materiale su Internet, ho dovuto postare le fotografie scattate con la mia macchinetta.