martedì 17 giugno 2014

Gli amanti degli artisti nella storia dell'arte


Vaso a figure nere con Achille e Aiace, 530 ca,
Museo Gregoriano Etrusco, Città del Vaticano.
Nella storia dell’arte, ritratti e opere il cui soggetto fosse l’essere umano, si riscontrano sin dall’alba dei tempi; tanto per capirci basti pensare ai graffiti preistorici che raffigurano scene di caccia con umani stilizzati muniti di lance che rincorrono animali di grande levatura o le Veneri (ad esempio di Willendorf o Savignano) risalibili a più di 30.000 anni fa; o ancor più recentemente (dove per “recente” si intende 4000 – 2000 anni fa) all’arte pittorica murale egizia o a quella vascolare, pittorica e scultorea greca – etrusca e latina, che raffigurano uomini e donne intenti in danze, lavori manuali e ogni sorta di attività quotidiana, civile e bellica.

Giotto, Incontro alla Porta Aurea, 1303 - 05,
affresco, Cappella degli Scrovegni, Padova.
Di conseguenza è facile affermare che la ritrattistica o la resa di folle, ambienti abitati e scene di vita familiare raccontassero in modo esplicito o implicito i diversi rapporti sociali che legavano i soggetti alla società del loro tempo: esplicito appunto quando l’intersecazione tra i soggetti è evidente (la scena di un abbraccio, un bacio, un dialogo); implicito quando la raffigurazione di un soggetto racconta una sorta di parentela o rapporto di questo con il committente dell’opera o con l’artista che lo ha creato (fratellanza, amore, matrimonio, amicizia).

Una componente interessante e molto importante nella storia della ritrattistica e della resa di soggetti umani nella storia dell’arte è giustappunto da individuarsi nei rapporti che legavano quindi gli artisti con i modelli delle loro opere d’arte, che non sempre erano mercenari slegati da qualunque vincolo affettivo, anzi non di rado erano proprio legati ai loro datori da un rapporto di amore più o meno legittimo: in virtù di questo la storia dell’arte presenta diversi esempi di raffigurazione di soggetti che si sono scoperti essere amanti degli artisti autori di quelle opere, alcuni legati a vicende o curiosità sicuramente autentiche e particolari.

Raffaello, La Fornarina, 1518 – 1519, 
olio su tavola, Galleria Nazionale 
d’Arte Antica, Roma. 
Non è un caso che il primo esempio di rapporti amorosi tra artista e modello che prendo in considerazione per un racconto sommario dell’amore passionale tra artisti e modelli nella storia dell’arte, sia da riscontrarsi nel Rinascimento Italiano, in pieno ‘500. Infatti nella migliore delle evoluzioni dello status di artista nella storia, solo verso il XIII – XIV secolo iniziamo a vedere una sorta di emancipazione del ruolo di artista da quello di mero artigiano; per cui non è facile ricostruire le vite private di quei pochi artisti importanti che si sono distinti prima degli umanisti – rinascimentali.

Probabilmente quando parliamo di modelle amanti degli artisti del pieno rinascimento, la figura più emblematica da prendere in considerazione è quella che lega il più classico dei pittori alla più classica delle artigiane: l’amore tra Raffaello e tal Margherita Luti, sua modella per diverse opere, figlia di fornaio e quindi anch’ella fornarina.

Ed è proprio questo suo mestiere che prende il nome uno dei ritratti più affascinanti del pittore urbinate, che però nonostante la dicitura (il titolo all’opera fu imposto del XVIII secolo in seguito all’individuazione della modella) non ritrae la donna intenta nel suo mestiere ma nella grazia e nella delicatezza che più si confanno ad una donna angelicata in un momento intimistico. La donna infatti è seminuda, con una mano si regge il suo seno sinistro, con l’altra si copre le nudità già di per sé coperte da un drappo rosso. Il bracciale da schiava sul braccio destro, riporta le effigie del pittore: sicuramente un suo cadeau personale alla sua modella amata. Modella che non posò solo per il ritratto suddetto, ma anche nella tela de’ La Madonna Sistina e nella tavola de’ La velata. 

Raffaello, La Madonna Sistina, 1513 – 1514,
olio su tela, Gemaldegalerie, Dresda
Raffaello, La Velata, 1516, 
olio su tavola, Galleria Palatina, Firenze. 

Michelangelo, Il sogno, 1533, matita 
su carta, Galleria Courtauld, Londra. 
Ma non necessariamente i rapporti amorosi in epoca rinascimentale riguardavano gli artisti e le belle donne; non di rado infatti lo stesso tipo di amore trascinante e peccaminoso toccava toni omosessuali: Michelangelo o Leonardo erano dichiaratamente omosessuali, non ne facevano un vanto ma neanche un mistero, di certo però lasciarono testimonianze visibili dei loro amanti in disegni che riproponevano le fattezze di questi.

Michelangelo nella sua lunghissima vita ebbe molti giovani amanti, delle età più disparate, tutti molto belli e disponibili. In talune occasioni si lasciò così andare all’amore verso questi, da divenire quasi irrazionale nel sentimento provato: uno tra tutti il nobile Tommaso de’ Cavalieri, talmente bello agli occhi dell’artista, che questo non solo gli dedicò decine e decine di odi,  ma lo immortalò anche in diversi disegni di carattere sia sacro che profano. In particolare ne’ Il sogno, è desumibile tutto l’impeto e il vigore del giovane rampollo, adagiato nudo in una posa plastica che lascia trasparire uno studio approfondito dell’anatomia e della muscolatura esagerata tipica dell’uomo michelangiolesco.

Leonardo e Salaì, Monna Vanna, 
olio su tela, 1510 - 1520, 
Museo del Louvre, Parigi. 
Leggermente più complessa e meno evidente è la storia che lega invece Leonardo a Gian Giacomo Caprotti detto il Salaì (derivazione di Saladino, ossia Diavolo). Non è attestato che i due fossero amanti, nonostante una denuncia per sodomia subita dall’artista in forma anonima proprio per via del suo attaccamento a questo. Di certo però è chiara la predilezione del genio poliedrico verso il ragazzo, che appare ritratto in diverse opere sotto forma sia di uomo che di donna: una peculiarità singolare quella dell’androginia artistica del ragazzo che fu anche egli pittore, attribuita in modo marcato alla Monna Vanna, dato che il suo viso è identico a quello di un qualunque ritratto del Salaì o in modo ancor più evidente a quello del San Giovanni Battista al Louvre; in modo leggermente più azzardato invece, addirittura, alle emblematiche figure di Monna Lisa e del San Giovanni de’ L’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano. Attribuzioni che di certo non fanno altro che aumentare l’alone di misticismo che da cinque secoli tocca i due soggetti nello specifico.


Leonardo, San Giovanni Battista, 1508 – 1513,
olio su tavola, Museo del Louvre, Parigi
Leonardo, Monna Lisa, 1503 - 1514,
olio su tavola, Museo del Louvre, Parigi.

Caravaggio, Il fanciullo con il canestro di frutta, 
1596, olio su tela, Galleria Borghese, Roma. 
Tre quarti di secolo più tardi fu Caravaggio uno degli artisti che più di altri seppe concedere ai suoi amanti, ruoli importanti in dipinti dal retrogusto tanto innovativo quanto polemico. Uomo dal carattere irascibile, furbo e canzonatore, fu grande amante di uomini e di donne, tra cui se ne individuano almeno quattro davvero importanti per il suo vissuto: Fillide, Lena, Mario e Cecco.
Mario Minniti fu amico e amante del pittore lombardo nei primi anni del suo soggiorno a Roma. Talmente fidato e importante per Caravaggio, che questi lo volle come modello per i suoi primi esperimenti, alcuni dei quali connotano una sorta di sensualità velata e ammiccante, come ne’ Il suonatore di liuto (di New York) o Il fanciullo con il canestro di frutta: lo sguardo di Mario nel dipinto è ammaliante, quasi volesse invogliare al peccato, aiutato nell’opera di seduzione dalla spalla scoperta ed il collo tirato all’insù.

Caravaggio, Amor Omnia Vincit, 1602, olio su tela,
 Staatliche Museum, Berlìno
Anche Cecco Boneri (all’anagrafe Francesco) fu molto importante per il pittore bergamasco, anche se non è attestato in modo certo che fosse un suo amante: di sicuro però amava il modo di fare del suo amico di avventure, che lo trascinava con sé nelle diverse scorribande in giro per la capitale dello Stato Pontificio.
Modello per alcune tele soprattutto di carattere biblico, in più occasioni Cecco appare nudo totalmente o parzialmente nel suo fisico asciutto e adolescenziale, come nell’Amor Omnia Vincit o il San Giovanni Battista di Palazzo Corsini a Roma, che presentano due versioni caratteriali dello stesso soggetto: la prima più sbarazzina e spensierata, la seconda più intimistica e raccolta.

Se però da un lato gli amori giovanili di Caravaggio furono omosessuali, quelli del periodo maturo riguardarono delle ragazze di bell’aspetto, cortigiane frequentate dal pittore e dai suoi amici.
Lena Antognetti era una delle cortigiane più ammirate della Roma dell’epoca, dato che era molto conosciuta perché lavorava con sua sorella Amabilia: insieme erano considerate tra le donne più belle della città. Caravaggio la ritrasse in opere di carattere religioso, che poco rendevano giustizia all’ars amatoria di cui ella era capace: basti vedere la responsabile Madonna dei Palafrenieri (o della Serpe) o la venerata Madonna dei Pellegrini.

Caravaggio, Madonna dei Palafrenieri, 1605,
olio su tela, Galleria Borghese, Roma
Caravaggio, Madonna dei Pellegrini, 1604 – 1606,
olio su tela, Basilica di Sant’Agostino, Roma

Caravaggio, Marta e Maria Maddalena, 1598, 
olio su tela, Institute of Arts, Detroit
E infine Fillide Melandroni, amata da Caravaggio sino ai suoi ultimi giorni a Roma prima della sua fuga, idolatrata, contemplata e santificata dal pittore nelle sue tele come nella Santa Caterina d’Alessandria o nella Giuditta e Olferne; resa talune volte la personificazione della bellezza e della vanità, come nella Marta e Maria Maddalena di Detroit o nel purtroppo perduto durante la Seconda Guerra Mondiale, Il ritratto della cortigiana Fillide.



Caravaggio, Santa Caterina d’Alessandria,
1599, olio su tela, 

Museo Thyssen Bornemisza, Madrid
Caravaggio, La cortigiana Fillide, 1597,
olio su tela, Kaiser Friedrich Museum, Berlino.
Opera distrutta nel 1945

F. Goya, La duchessa d’Alba, 1795, 
olio su tela, Collezione d’Alba, Madrid. 
Amori tormentati, impossibili e discutibili che ritornano continuando nell’analisi del tema, anche nella Spagna di fine Settecento, in una relazione che pare più da soap opera che reale – dato che non è attendibile da fonti certe: quella tra Francisco Goya e la duchessa d’Alba Maria Teresa Cayetana de Silva. Femme fatale, intrigante e molto astuta, fu ritratta dal pittore in più occasioni: celebre è il ritratto omonimo del 1795 in cui la donna appare in un sontuoso abito bianco fasciato di rosso ed una capigliatura riccia nera molto folta.

Altre voci narrano che il pittore avesse avuto avventure occasionali anche con Pepa Tudò, l’amante di Manuel Godoy, il committente delle due versioni de’ La Maya Desnuda e La Maya Vestida. Ma non essendoci fonti a riguardo si è propensi a credere che quelle a riguardo fossero solo voci di corridoio, a differenza invece della presunta relazione amorosa con la duchessa d’Alba che potrebbe essersi consumata nella località estiva di Sanlùcar dove entrambi risiedevano nei mesi più caldi, come si evince dai numerosi disegni riguardanti la duchessa d’Alba e donne nude dall’aspetto fisico molto somigliante, contenuti nell’album che prende il nome dal paese.

F. Goya, Maya Desnuda, 1800, olio su tela, Museo del Prado, Madrid

G. Courbet, Il sonno, 1866, olio su tela,
Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, Parigi
E se con Goya leggiamo di un artista che si divise molto probabilmente tra due donne, una modella che invece divise il suo amore tra due pittori fu Joanna Hiffernan. Probabilmente né il suo nome né il suo volto diranno molto, dato che ella è conosciuta nel globo per la sua vagina. Infatti Joanna fu la modella e con ogni probabilità amante di Gustave Courbet, il pittore che immortalò le sue nudità nella tela commissionatagli dal diplomatico turco – egiziano Khalil – Bey per le sue stanze private. Ovviamente il rapporto lavorativo tra pittore e modella non si limitò solo a L’Origine del Mondo, dato che l’artista la ritrasse nella sua incantevole bellezza sangue e latte in dipinti dal forte carattere sensuale come Il sonno, - che la ritraeva in un assopimento saffico con un’altra donna.

J. A. MN. Whistler,
Sinfonia in bianco No. 1,
 1862, olio su tela,
National Gallery of Art,
Washington
Un lato di Joanna lontano da quello illustrato da James Abbott McNeill Whistler, nella sua Sinfonia in bianco N.1, dove la modella con i suoi lunghissimi ricci rossi, squarcia un candore di sfumature chiarissime dato dall’intera ambientazione e dal casto abito lunghissimo. Joanna fu amante di Whistler ma anche compagna, rimanendogli affianco per ben sei lunghi anni: fu mentre era in viaggio con questo a Parigi che infatti incontro Courbet. Un pittore affascinante e malandrino a cui non seppe dire di no quando questo le propose di denudarsi per lui.

Un amore speso quello tra Joanna e Whistler, ostacolato dalla famiglia di lui che la vedeva come una poco di buono e sopravvissuto per anni ad incomprensioni e difficoltà di ogni tipo per poi finire a Parigi. Una vicenda che ricorda molto quella di un’altra coppia di amanti molto tormentata, vissuta a Parigi negli anni ’20 del Novecento: Amedeo Modigliani e Jeanne Hepbuterne.

A. Modigliani, Ritratto di Jeanne Hebuterne, 
1919, olio su tela, Collezione Privata. 
A differenza della classica modella pagata per il suo lavoro, spesso accondiscendente o spavaldamente prostituta, Jeanne Hepbuterne fu compagna devota del pittore maledetto, tanto da convivere con lui e dargli una bambina, (cosa non così anomala considerando che circa vent’anni prima anche Matisse ebbe sua figlia Marguerite da una modella, Caroline Joblau, prima di sposare la sua moglie storica Amelie). Ma con la morte di Modigliani nel 1920, anche Jeanne, incinta di nove mesi del suo secondo figlio, si gettò dal balcone della sua casa a Parigi, vedendosi impossibilitata a vivere senza l’amore ragione della sua vita.

Tutto il contrario di Marcella, la modella ragazzina del pittore Ernst Ludwig Kirchner, spavalda nella sua consapevolezza di forte carica erotica celata dal trucco così forte da farla apparire più grande. Marcella è una prostituta ancora in fase di crescita, - così come la modella più pudica de’ La pubertà di Edvard Munch – ripresa dall’artista anche in un’altra tela più tarda di qualche mese in cui appare quasi succube del suo lavoro, annoiata di quella consapevolezza di cui era rimasta affascinata sino ad allora.

E. L. Kirchner, Marcella, 
1909, olio su tela, 
Moderna Museet, Stoccolma. 
E. L. Kirchner, Marcella, 1910,
olio su tela,
Brücke-Museum, Berlino
E. Munch, La pubertà,
1895, olio su tela,
Galleria Nazionale, Oslo

F. Bacon, Ritratto di George Dyer che parla,
1966, olio su tela, collezione privata
La bellezza, la sensualità quindi, le armi usate dalle modelle per ammaliare gli artisti per cui posavano, più che l’intelligenza e la caparbia. In fondo quello della modella era un lavoro semplice che non implicava chissà quale arte della diplomazia o virtù da portare in dote. Ma lo stesso non poteva dirsi dell’amante più ambito dall’artista Francis Bacon: quando conobbe George Dyer, questo era un ladro di trent’anni poco credibile ed esperto, che, secondo una delle due versioni ufficiali, conobbe l’artista mentre era intento a rubargli in casa (l’altra versione vede un incontro fortuito a tre in un bar con il fotografo John Deakin). Eppure il pittore rimase così affascinato dall’uomo, da stilizzarlo in più ritratti che valevano come studi sul soggetto, opere dal valore inestimabile, dato che, proprio il Ritratto di George Dyer che parla, è il quadro venduto in Europa, più pagato di tutti i tempi. 

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