sabato 22 marzo 2014

l'Incisione erotica italiana del XVI secolo: I modi di Raimondi - Romano e Le lascivie di Carracci

La svirgolettata seguita alla visione del film Goltzius and the Pelican Company, il famoso incisore e pittore fiammingo del XVI – XVII secolo, mi ha ricordato l’esubero dell’incisione erotica italiana negli stessi anni, esplicata prima nell’opera I modi di Marcantonio Raimondi che copiò il genio di Giulio Romano, e poi nell’esecuzione delle Lascivie di Agostino Carracci.

Tiziano, Ritratto di Giulio Romano, 1536, olio su tela,
Collezioni provinciali, Mantova. 
Giulio Romano, ad onor del vero più che per le sue opere di carattere erotico, è conosciuto soprattutto per aver contribuito concretamente all’evoluzione del Rinascimento in Manierismo, la corrente stilistica nata con l’esodo dei pittori della bottega di Raffaello da Roma, prima o in seguito al Sacco della città, sette anni dopo la morte del maestro.

Infatti il pittore romano, il cui vero nome era Giulio  Pippi, assieme a Polidoro da Caravaggio, Gian Francesco Penni e Giovanni da Udine, fu uno degli allievi preferiti del grande Raffaello, - probabilmente il più amato - tanto che questo in non più di un’occasione, gli relegò collaborazioni di pregio: tra i lavori eseguiti dai due artisti, configurano gli affreschi della Farnesina, delle Logge nel Palazzo Apostolico e delle Stanze Vaticane.

Raffaello, G. Romano e aiuti, Incendio di Borgo, 1514, affresco, Musei Vaticani, Città del Vaticano. 

G. Romano, Cupola Sala dei Giganti, 1532 - 1535,
affresco, Palazzo Te, Mantova. 
Alla morte di Raffaello, nel 1520, ne ereditò bottega, commissioni e clienti, oneri che seppe gestire al meglio, essendo riconosciuto come il pittore più talentuoso della bottega di Raffaello. Dopo diversi lavori a Roma, Giulio Romano si trasferì nel ’24 a Mantova, sotto la signoria di Federico II Gonzaga,  per il quale lavorò in diversi cantieri della città. Ma fu la progettazione di Palazzo Te a partire dal 1527 ed il ciclo di affreschi delle sale al suo interno, che gli relegarono fama immortale: la Sala dei Giganti, nell’esagerazione muscolare dei corpi, nella dinamicità snodata dei movimenti, nella complessità degli scenari e nella monumentalità del progetto, è ad oggi uno degli emblemi più significativi del Manierismo Italiano.

G. Romano, Camera di Amore e Psiche, 1527 - 1528, affresco, Palazzo Te, Mantova. 

G.Romano, Giove seduce Olimpiade, 1526 - 1534, affresco,
Palazzo Te, Mantova. 
Ed è proprio in questo clima di sperimentazioni e conoscenze eccelse (Vasari e Tiziano) che si colloca la sua visione artistica dell’eros; una visione sicuramente spregiudicata, immorale e passionale del sentimento lussurioso, ad oggi desumibile in pochi affreschi come Giove che seduce Olimpiade nella Sala delle Aquile o Amore e Psiche nella sala omonima.

Affreschi che  però, nonostante illustrino erezioni, forme sinuose e atteggiamenti spregiudicati, non si avvicinano minimamente a quelli che dovevano essere i venti disegni eseguiti per il signore di Mantova, che raccontavano altrettante posizioni erotiche per mano di personaggi mitologici e storici: disegni ritenuti troppo immorali per non essere distrutti dalla società falsamente perbenista del tempo.

Fig. 1 
Le venti illustrazioni de’ I modi, sono però conosciute a noi, grazie all’eco che ebbe la vicenda legata all’incisione di quei disegni da parte di Raimondi in un volume omonimo, alla descrizione di tali disegni da parte di Pietro Aretino nei suoi Sonetti lussuriosi ed alla narrazione della vicenda da parte di Giorgio Vasari. Anche le incisioni di Raimondi sono andate ovviamente distrutte per quanto pubblicate in più riprese, ma da alcune riproduzioni del XVIII secolo, di copie non originali, è possibile desumere più o meno l’impostazione dei soggetti e le loro identità.

Le incisioni vanno a raccontare nello specifico le seguenti storie: Venere Genitrice (fig. 1), Paride ed Enone (Fig. 2), Angelica e Medoro (Fig. 3), Il satiro e la ninfa (Fig. 4), Giulia e l’atleta (Fig. 5), Ercole e Deianira (Fig. 6), Marte e Venere (Fig. 7), Il culto di Priapo (Fig. 8), Antonio e Cleopatra (Fig. 9), Bacco e Arianna (Fig. 10), Polieno e Criseide (Fig. 11), Satiro e la sua compagna (Fig. 12), Giove e Giunone (Fig. 13), Messalina con il soprannome di Lisisca (Fig. 14), Achille e Briseide (Fig. 15), Ovidio e Corinna (Fig. 16), Enea e Didone assistiti da Cupido (Fig. 17), Alcibiade e Glicera (Fig. 18), Pandora (Fig. 19).

Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4 

Fig. 5 
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
Fig. 10

Fig. 11
Fig. 12
Fig. 13

Fig. 14
Fig. 15
Fig. 16
Fig. 17
Fig. 18
Fig. 19

Alla visione di esse ed alla lettura dei sedici sonetti di Pietro Aretino, che di certo non si risparmia i dettagli, è ben desumibile quindi lo scalpore sentito da una società come quella che si stava affacciando alla moralissima Controriforma: copulazioni, masturbazioni, pornografia non potevano di certo trovare terreno fertile nello stesso teatro che di lì a poco avrebbe imposto persino di coprire le nudità del Giudizio Universale di Michelangelo, tanto che purtroppo ad oggi non possiamo godere a pieno degli originali, ma affidarci solo ad una copia veneziana del 1550 ritrovata nel 1920.

A. Carracci, Lascivie, 1585 - 1600, incisione,
British Museum, Londra. 
Stessa impostazione pornografica, si ravvisa nelle incisioni di Agostino Carracci, eseguite verso gli anni ’90 del ‘500: le cosiddette Lascivie, il cui titolo attribuito dallo storiografo Cesare Carlo Malvasia, raccontano storie a carattere biblico o mitologico; storie che non sempre sono connotate da uno spregiudicato atto sessuale, ma che anzi, spesso sfumano in delicati atteggiamenti amorosi e cortesi.

A differenza de’ I modi di Romano e Raimondi, le illustrazioni di Carracci avendo riscosso immediato successo, furono riprodotte in così numerose copie, che fu impossibile per i censori del tempo, eliminare ogni traccia dei perversi disegni: tanto da permetterci oggi di ammirare la maestria del maestro bolognese fautore del ritorno del Naturalismo, che, per l’occasione, ha saputo raccontare l’amore tra un velo di lascivia ed uno di scabrosità. 








A. Carracci, Lascivie, 1585 - 1600, incisione,
British Museum, Londra.
A. Carracci, Lascivie, 1585 - 1600, incisione,
British Museum, Londra.

A. Carracci, Lascivie, 1585 - 1600, incisione,
British Museum, Londra.
A. Carracci, Lascivie, 1585 - 1600, incisione,
British Museum, Londra.

lunedì 17 marzo 2014

Goltzius and the Pelican Company: il grande incisore all'opera

H. Goltzius, Autoritratto, 1594, disegno,
Grapische Sammlung Albertina, Vienna. 
Molto spesso, quando si cerca di raccontare la filosofia di pensiero di un artista in una pellicola, si tende a raccontare una sorta di cronistoria biografica del personaggio raffigurato, mischiando il più possibile vita privata e vita professionale: film come Frida, (il lungometraggio basato sulla vita di Frida Kahlo, impersonata da Salma Hayek) e I colori dell’anima (biografia di Amedeo Modigliani, interpretato da Andy Garcia) lo dimostrano a pieno.

Ovviamente quanto detto non è un’assoluta verità, come dimostra il film Goltzius and the Pelican Company, che infatti, incentra la sua trama in un periodo ben specifico vissuto dall’incisore tedesco Hendrick Goltzius, quale il periodo maturo di attività incentrato sul desiderio di riuscire a pubblicare due suoi libri illustrati: uno riguardante alcune storie dell’Antico Testamento e l’altro riguardante storie tratte dalle Metamorfosi di Ovidio.

Locandina di Goltzius and The Pelican Company

H. Goltzius, Adamo ed Eva, 1608, olio su tela,
Hermitage Museum, San Pietroburgo. 
Per poter ammirare il film e comprenderne a pieno tematiche e rimandi storico – artistici e sociali, è doveroso e consigliato inquadrare l’artista, perché questo non racconta mai di sé e della sua vita durante lo svolgimento del film. È necessario aver un’infarinatura generale, soprattutto perché Hendrick Grotzius vive in un periodo storico dettato dall’affacciarsi tumultuoso dei provvedimenti di censura e moralismo della Controriforma (attuata nella seconda metà del XVI secolo), ma ciò nonostante tocca con le sue incisioni temi scottanti densi di erotismo, adulterio, mitologia, incesti.

Per un breve inquadramento biografico, Hendrick Goltzius infatti nasce a Muhlbracht (oggi Julich, vicino Venlo, nella Renania Settentrionale – Vestfalia. Germania) nel 1558 e dopo un’infanzia difficile (ancora in fasce rischiò infatti di morire in un incendio, riportando gravi ustioni alla mano destra che lo segnarono per l’intera vita), sin da adolescente intraprese la carriera di pittore ed incisore a Duisburg, per poi trasferirsi nel 1577 ad Haarlem, in Olanda, nella quale visse sino alla sua morte, avvenuta nel 1617.

H. Goltzius, La caduta dell'uomo, 1616, olio su tela, National Gallery of Art, Washington. 

Qui si colloca la vicenda narrata nella pellicola, che vede un talentuoso ma squattrinato Goltzius, presentarsi alla corte del Mangravio d’Alsazia, a cui richiede gli aiuti economici necessari per finanziare i libri delle sue incisioni: in cambio, assieme alla Compagnia teatrante dei Pellicani, avrebbe rappresentato davanti alla corte le scene protagoniste del volume sull’Antico Testamento; scene simboliche perché riconducibili a peccati condannati dalla Chiesa.

La Pelican Company che accompagna Goltzius alla corte del Mangravio di Alsazia. 

Nello specifico, le scene interpretate nel film sono quelle riguardanti Adamo ed Eva ed il peccato originale, connotato da un senso angosciante di voyeurismo; Lot e le sue figlie nella scena dell’incesto, Davide e Betsabea nel pieno dell’adulterio di lei; Giuseppe e la moglie di Putifarre, richiamante la pedofilia per la giovane età di lei; la prostituzione di Dalila con Sansone ed infine l’atto sessuale dissacratorio tra Salomè ed il corpo di Giovanni Battista.

Ramsey Nasr interpreta Hendrick Goltzius  

Inutile dire che la maestria di Peter Greenaway – non nuovo a questo tipo di esperimenti cino-artistici, avendo girato nel 2007 Nightwatching, improntato sulla creazione del dipinto di Rembrandt “The Night Watch” – è riscontrabile nell’intera pellicola: è decisamente eccentrica e destabilizzante l’idea che a raccontare le scene, le focalizzazioni, i pensieri e la filosofia dell’autore sia Goltzius in prima persona, nell’atto di vergare il suo libro; ancora è eccitante e morboso il rapporto imprescindibile tra trama e scenografia, essendo il film totalmente concentrato alla corte del mangravio, un luogo freddo, arido, tetro e buio, scarno di ogni orpello, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da una corte, ma allo stesso tempo in linea con il gelo e la severità degli interni fiamminghi.

La scenografia del film Goltzius and the Pelican Company

Ed anche nell’inscenare i racconti storici, la maestria di Greenaway si denota particolarmente: ogni scena non viene raccontata in modo oggettivo e pedissequo, ma viene personalizzata dall’incisore ed autore della piece teatrale sino a rasentare il grottesco, l’umiliante e l’osceno.
Secondo questi dettami infatti lo stesso attore impersona sia Dio che Satana nella scena della creazione, ed in entrambe le parti si riempie la bocca di termini osceni e profani, Lot viene stuprato dalle insaziabili figlie che una volta consumato l’incesto si inarcano verticalmente per permettere un flusso del seme più repentino e la moglie di Putifarre stimola, sevizia e costringe sino allo spasmo lo schiavo Giuseppe a spogliarsi e a mostrarle forzatamente le sue nudità.

Scena di Giuseppe e la moglie di  Putifarre 

È uno scenario che se da un lato ricorda i normali costumi del tempo celati dietro una sana dose di opulento moralismo, nonché la stessa perversione di Bosch, altro artista fiammingo simil-Grotzius, dall’altro lascia a considerazioni necessarie e ad una sorta di indignazione giustificata della nobiltà che assiste allo sfacelo: Grotzius non solo osa troppo, ma valica il limite; inscena i capostipiti dell’umanità quali Adamo ed Eva, come due cani assetati di sesso, propone sino alla nausea orge, nudi integrali, ansimi, volgarità e atti animaleschi.

Scena erotico carnale di Adamo ed Eva 

H. Goltzius, Giove e Antiope, 1611 - 1612, olio su tela,
Frans Hals Museum, Haarlem. 
Sicuramente un film che colpisce nel profondo quindi, perché racconta la società e la papabile idea di un Goltzius anticonformista, ribelle, sadico e provocatore: un panorama alquanto realistico, per quanto però non sia possibile dire la stessa cosa per la veridicità dell’evento narrato, per cui non ho trovato documentazione inerente né in merito alle incisioni, né in merito al suo soggiorno in Alsazia.
Infatti testimonianze attestano alcune tele raffiguranti storie del Vecchio Testamento e storie tratte dalle Metamorfosi d’Ovidio, che Goltzius dipinto negli ultimi anni della sua vita, ma non incisioni con lo stesso tema.

H. Goltzius, Susanna e i Vecchioni, 1615, olio su tela, Museum of Fine Arts, Boston. 

Dimostrazioni filosofiche dei racconti biblici 
Ad ogni modo tale film affascina e perplime allo stesso tempo, perché non è facile abituarsi al linguaggio filosofico adoperato in alcuni passaggi ed all’incentramento del primo piano dell’artista, in un atteggiamento psicotico ed eclettico, per tutto lo svolgimento del film.
Di sicuro la figura di Goltzius, anonimo ai più, ne esce vincente: un geniale manipolatore, valido artista ed esecutore, grande uomo acculturato di corte. 

Ramsey Nasr in una scena del film Goltzius and the Pelican Company 

domenica 16 marzo 2014

George W. Bush: L'arte della Leadership

Ah questi americani, non finiscono mai di sorprenderci!
Pare che loro sappiano, possano fare davvero tutto, soprattutto i loro governatori: come non ricordare Arnold Scwharzenegger, un tempo Terminator, oggi 38° governatore della California, Dwight David Eisenhower, dapprima generale dello sbarco in Sicilia e poi Presidente degli Stati Uniti, così come l’attore Ronald Reagan?

Arnold Schwarzenegger in Terminator 
Ronald Reagan attore

Beh, pare, però che un presidente artista ancora non ci fosse mai stato, almeno sino ad oggi.
Perché in un periodo di forte contrasto tra l’economia di mercato che investe nell’arte (soprattutto contemporanea) ed il disciplinamento Obamiano per cui sarebbe meglio non laurearsi in Arte quanto in Economia (discorso fatto a Waukesha in Wisconsin), sicuramente ha forte impatto la nuova dedizione di George W. Bush.

G.W. Bush intento a dipingere una sua tela

Una dedizione nata con la lettura de “La pittura come passatempo” di Wiston Churchill, rimasta privata (probabilmente, inizialmente  un semplice hobby del 43° presidente) sino a quando un hacker firmatosi Guccifer, ha rubato le foto dei dipinti che Bush aveva inviato per email a sua sorella, pubblicandoli successivamente sul blog Gawker.
E da qui la scoperta dell’arte bushiana, dipinti riguardanti paesaggi, autoritratti e soggetti canini, tra cui il suo amatissimo Barney, il Fox Terrier scomparso qualche tempo fa.

G.W.Bush, Ritratto di Barney
G.W. Bush, Ritratto di un cane con palla gialla 





Stando alla cronaca, pare che George Bush figlio, da sempre si sia dilettato nella nobile arte del pennello, ma che solo ultimamente si sia spinto a prendere lezioni tecniche dall’artista Bonnie Flood in Florida, dopo aver acquisito le basi sotto gli insegnamenti dell’artista texano Gail Norfleet.
Qui, ha sicuramente imparato a miscelare i colori con più consapevolezza – secondo quanto dichiara Bonnie Flood – e a concentrarsi sulla realizzazione di cagnolini di ogni razza. 
La riproduzione il più fedele possibile degli animali che più lo affascinano però, non ha esulato dallo studio di una visione più intimistica ed introspettiva attuata su altre tele, dove si racconta in prima persona, nelle azioni private quotidiane come la doccia o il bagno rigenerante. 

G.W.Bush, autoritratto in vasca
G..W.Bush, Autoritratto in bagno 

G.W.Bush, Gattino sulla porta 
Ad ogni modo, i suoi dipinti verranno esposti a partire da aprile 2014, nella mostra "L'arte della leadership: la diplomazia personale del presidente", alla George W. Bush Presidential Library and Museum di Dallas, in Texas. L’esposizione proporrà al pubblico paesaggi e nature morte, nonché circa venti ritratti tra cui configurano quelli dei suoi amici europei Silvio Berlusconi, Tony Blair, Vladimir Putin, Jacques Chirac ed Angela Merkel, coadiuvati da testimonianze fotografiche, spiegazioni e riflessioni personali atte a raccontare la politica del presidente durante il suo mandato.

Che la suddetta mostra sia una mossa evidentemente pubblicitaria e politica, è cosa evidente, data la mediocrità della resa pittorica; una pittura che sarà sicuramente stata dettata da una sorta di emotività privata dell’artista, ma che è priva di ogni peculiarità atta a rendere un dipinto una valida opera d’arte.

D’altronde anche la critica nazionalpopolare non è stata delle migliori. Infatti, è opinione della maggioranza degli americani a cui è stato chiesto un parere, che la pittura di George W. Bush, - che si firma con lo pseudonimo 43; numero della sua carica di presidente – sia decisamente tanto gradevole quanto lo sia stata la sua disastrosa politica estera. Vox populi..