sabato 1 febbraio 2014

L'arte vomitata di Millie Brown

Nell’ultimo post, in cui descrivevo l’arte contemporanea come un inno alla provocazione talmente invocato da apparire ormai in alcuni contesti anche poco credibile, non avrei mai immaginato di ritrovarmi a discutere di un’artista che si esprime in un modo sicuramente provocatorio, di certo discutibile.
Se la mostra del 2006 Ojo del culo al Serralves di Oporto si è dimostrata essere poi una bufala che ha avuto effetto virale sui social network da Facebook a Twitter, passando per Ask, sicuramente ciò che sto per raccontare ha dell’incredibile, altresì del veritiero: l’arte può essere vomitata.

M. Brown, Pastel 01, 2013, vomito su tela, collezione privata.
Vomitata?! Quale volgare e scurrile appellativo da associare all’arte, penserete voi! Beh è quello che ho pensato anche io prima di assistere alla visione della performance di Millie Brown, quotata artista emergente londinese, già attiva sul campo dalla tenera età di 17 anni: fondatrice con altri suoi colleghi, nel 2003, del !WOWOW!, una collettiva improntata sulle diverse arti sceniche, performative e materiali, si è fatta conoscere nel panorama dell’underground londinese tanto da essere considerata ad oggi, una delle artiste più affermate e credibili dell’UK, collaborando con artisti di fama internazionale nonché avendo curato il Monster Ball Tour al Madison Square Garden di Lady Gaga.

Millie Brown durante un'esecuzione
Ebbene l’arte vomitata di Millie Brown, non ha bisogno di eclatanti spiegazioni. In un gioco volto a fondere tecnica pittorica e performance, l’artista in un clima ovattato da voci e musiche eteree, di volta in volta ingerisce calici pieni di colori brillanti, per poi rimetterli sulla tela: una lenta restituzione del colore che nell’impatto con la tela ricorda l’Action painting di Pollock, ma a differenza di questo si rivela meno irruente nel getto, che sgorga come linfa vitale dalla bocca e cola lentamente, secondo una visione più intimistica ed organica del sentimento.


Millie Brown dipinge una tela con il vomito
La sua filosofia ed il suo metodo sembrano aver riscontrato sin dall’esordio a Berlino nel 2006, credibilità tra i critici, i galleristi ed il pubblico più vario, tanto che la performer ha già esibito le sue opere e si è già espressa in importanti gallerie e musei, aderendo a numerosi festival e competizioni artistiche. Tra questi la Chapman Fine Arts, la The Union Gallery, lo SHOWstudio, il The Birmingham Art Festival, la Gallery La General Paris, il Transmedial Art Festival Berlin, la General Public Gallery Berlin, il B22 Hamburg, l’Illoulian Contemporary Los Angeles, lo Strand Gallery London, il The Cob Gallery London ed il The Moving Museum.

Come ha spiegato più volte la performer creatrice di arcobaleni, - tele vendute a migliaia di dollari – la sua performance non è lasciata al caso ma è ragionata in ogni suo passo, prevedendo una preparazione psicofisica di alcuni giorni, nei quali evita di mangiare per lasciare il corpo puro onde evitare di vomitare altro che non sia colore, che, per chi se lo chiedesse, ovviamente non è tossico, essendo composto da latte di soia e coloranti per alimenti. 

M. Brown - N. Knight, Nexus Vomitus,
2013, vomito su tela, collezione privata
Per chi fosse interessato a saperne di più della sua arte e del suo portfolio, linko a seguire i siti di riferimento in cui poter ammirare la sua arte: tra questi il suo sito ufficiale, la pagina ufficiale facebook ed il suo blog.

Latte di soia colorato, utilizzato da Millie Brown sulle sue tele.

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