mercoledì 29 gennaio 2014

Monumenti contemporanei italiani: il luogo comune della provocazione.

L’idea che l’arte contemporanea in quanto arte concettuale debba necessariamente essere un’arte controcorrente, provocatoria, compresa da pochi eletti e astratta nella sua concretezza, è uno dei luoghi comuni più vigenti in materia.

Per farla breve, ormai anche al cinema ed in tv siamo abituati a vederci la solita trita e ritrita rivisitazione della performance abramoviciana, vista come qualcosa di così astruso da apparire figo perché non capito: mi vengono in mente le figure stereotipate di Talia Concept, la performer che nel film La grande bellezza vive di vibrazioni pur non sapendo spiegare di cosa si tratti, e di Afsoun Hamidi, che in una puntata del telefilm House è disposta a farsi dare fuoco dai partecipanti alla sua performance “pur di sperimentare sin dove l’irrazionalità di costoro possa arrivare”.

Anita Kravos interpreta la truffaldina artista Talia Concept in La Grande Bellezza

Ebbene, sono dolente di costatare alla vista di ciò, che evidentemente si sta perdendo di vista il vero senso dell’arte (soprattutto ipercontemporanea). E non parlo solo della performance e del suo senso, per cui ognuno può relegargliene uno diverso in base all’insegnamento che vuole trasmettere attraverso essa, ma anche dell’opera d’arte in quanto tale, che sia un oggetto, un’installazione o un monumento.

O. Rainaldi, Monumento a Giovanni Paolo II,
2011, bronzo patinato, Roma.
A dimostrazione di ciò che voglio intendere infatti, nell’ultimo periodo sono soprattutto alcuni monumenti che stanno molto facendo parlare di loro, per la collocazione, per il significato o per la provocazione che volontariamente hanno voluto significare.
Forse il primo tra tutti da prendere in considerazione è il Monumento a Giovanni Paolo II sito attualmente nella centralissima Piazza dei Cinquecento, alla quale si affaccia la Stazione Termini di Roma.

Il monumento realizzato da Oliviero Rainaldi, il cui titolo è per la precisione “Conversazioni. Omaggio a Giovanni Paolo II”, è una statua di circa 5 metri, in bronzo patinato d’argento tinto di verde, che sin dal giorno della sua inaugurazione ha indotto non poche perplessità nel popolo romano.

Infatti questo, a buona ragione, non solo non ha gradito né compreso la rudimentale opera, ma non ha neanche minimamente individuato il pontefice nella figura dal volto marcato, anzi, per alcuni aspetti ha addirittura ravvisato una viva somiglianza con il duce Benito Mussolini nella squadratura della mascella e nella rotondità del capo.

Ordunque a nulla è servita tutta la spiegazione filosofica dell’artista, che, esulando dal dare spiegazioni della poca somiglianza, ha improntato il discorso sulla sua scelta di rappresentare il beato coperto di un mantello che apre al vuoto in quanto il corpo del pontefice è da intendersi come spirito e non come fisico: l’opera non è piaciuta neanche dopo le modifiche alla testa ed al mantello, tanto che è stata giustamente catalogata dalla CNN tra i World’s uglest monuments del pianeta, con l’appoggio dei romani, che quel monumento se lo devono tenere in bella vista in piazza come deciso dall’amministrazione comunale nel 2012.


L. Esposito, Good Luck, 2013, Caserta. 
Spostandosi a Caserta, un altro monumento che ha fatto parlare di sé negli ultimi mesi è stato il gigantesco corno rosso che da un giorno all’altro si è erto davanti al portone della Reggia borbonica.
L’opera di Lello Esposito dal titolo Good Luck, è costato all’amministrazione ben 70.000 euro e non è stato posto lì senza motivi validi. Infatti, a detta del Sindaco di Caserta, Pio del Gaudio, l’opera d’arte alta 13 metri, è stata concepita e commissionata come un monito denso di provocazione, evocante la speranza che la reggia Patrimonio dell’Umanità come sancito dall’Unesco, non crolli prima di attirare le attenzioni del Governo sul suo stato rovinoso e necessitante di restauri e finanziamenti.

Il grande monumento ovviamente in seguito alla vasta eco mediatica ed all’onda di sdegno che ha provocato nei visitatori e nei critici, è stato trasferito nel Parco Maria Carolina, ma c’è da chiedersi se davvero il senso provocatorio sia giunto davvero ai destinatari o se la scultura sia stata vista solo come una pubblicità sciapa e insensata ad uno degli edifici più spettacolari e sottovalutati al tempo stesso del Patrimonio Italiano.


E infine, tornando a Roma, è notizia del 29 gennaio 2013, la scoperta nella zona adiacente Circo Massimo di un’opera d’arte monumentale di circa 3 metri d’altezza e 3 di lunghezza, installata senza i necessari permessi del Comune.
Qui infatti, precisamente di fronte alla cavea del Circo Massimo, sullo sfondo delle rovine del Palatino, delle residenze di Augusto, Tiberio e Domiziano, la notte del 25 novembre, l’artista Francesco Visalli ha collocato Place de la Concorde, la sua opera d’arte del peso di ben due tonnellate ispirata a Mondrian.

F. Visalli, Place de la Concorde, 2013, Roma. 
A quanto affermato dall’artista, chiamato a dare una spiegazione alla cosa, l’artisticità non è nell’opera quanto nella provocazione a cui ha voluto ambire: screditare l’amministrazione della capitale, poco attenta all’arte in generale. 
A ragion del vero c’è da affermare infatti che è stato il sito www.Artribune.it a notare l’opera in questione, non spiegandosi come un simile prestigio sia stato conferito ad un artista sconosciuto come Visalli (che dal canto suo ha sborsato ben 23.000 euro per l’installazione) quando da sempre è stato negato ad altri artisti ben più meritevoli.

Detto ciò però, può essere davvero catalogabile come artistica una provocazione alla politica cittadina poco presente come nel caso di Place de la Concorde, o al Governo come nel caso di Good Luck? Chissà. Una cosa è sicura: di questo passo si potrebbe finire per definire artistica qualunque provocazione, di alto o nullo spessore, di larga entità o personale, tanto da rischiare di screditare alla fine sia il connubio arte-provocazione, che la vera essenza dell’arte contemporanea, che vive per l’appunto anche di provocazione, ma non solo.



domenica 19 gennaio 2014

Le dieci città europee che vi consiglio di visitare: ISTANBUL e SAN PIETROBURGO. (5/5)

L’ultimo post sulle 10 città europee che consiglio di vistare, - prima di tutto a me stesso, dato che gran parte di quelle raccontate non ho avuto modo di poterle ammirare di persona – riguarda due realtà particolari, perché capitali storiche di due grandi imperi di un tempo: Istanbul, sul Bosforo, le cui coste guardano alla Turchia asiatica e San Pietroburgo, nella fredda Russia, a poche centinaia di chilometri da Finlandia e Repubbliche Baltiche.


ISTANBUL

Panorama di Istanbul 
Capitale millenaria di Imperi che hanno raccontato la storia del mondo, - Impero Romano, Impero Romano d’Oriente, Impero latino d’Oriente e Impero ottomano – Istanbul gode del suo nuovissimo nome da circa novant’anni: infatti sino al 1923, il nome ufficiale della città è stato dapprima  Bisanzio, sino al IV secolo d.C. e ancora a seguire Costantinopoli.

Dal 1985 Istanbul è Patrimonio dell’Umanità, come deciso dall’Unesco, che nel titolo relegatole ha voluto preservare le sue aree archeologiche e le sue strutture architettoniche: essendo una città plurimillenaria, Istanbul conserva infatti testimonianze di denominazioni ed eventi  di entità non indifferente e meritevoli di una qualsivoglia forma di tutela.

In una visione artistico-turistica della città, il panorama architettonico offre diverse realtà interessanti da esaminare; realtà che si restringono ad imbuto dalle moschee tipiche della religiosità musulmana praticata da una forte maggioranza degli abitanti della città ai bagni turchi, che ricoprono un aspetto specifico della società cittadina.

Interno di Hagia Sofia, Istanbul
Per quanto siano senza dubbio importanti e fondamentalmente utili a ricostruire secoli di dominazioni romane, le testimonianze di origine romane – l’Ippodromo, la Colonna di Costantino, l’Acquedotto di Valente, le Mura di Teodosio II -  non evidenziano l’aspetto più completo e caratteristico della città, riscontrabile nelle sue architetture religiose plurisecolari.

Ovviamente l’edificio religioso cittadino più visitato, ammirato e contemplato è la Basilica di Hagia Sofia (Divina Sapienza; Sofia = Sapienza), nei secoli divenuta rispettivamente chiesa ortodossa, chiesa cattolica, moschea islamica e infine museo.
La struttura così come ci appare oggi è un lavoro di rimodellamento che si esplicato nei secoli, per quanto fondamentalmente il modello di base è da riscontrarsi nella terza riedificazione della chiesa, sorta sulle ceneri dei due modelli precedenti, nei primi decenni del VI secolo.

Hagia Sofia, VI sec d.C., Istanbul 

Hagia Sofia, Interno, Istanbul
L’importanza storica dell’edificio è alta non solo perché sede di incoronazione di importantissimi imperatori, ma anche e soprattutto per via della questione iconoclasta legata agli imperatori Leone III l’Isaurico ed Irene: la questione sorta nel terzo decennio del VIII secolo, esaminava la preoccupante idolatria verso le icone e le raffigurazioni sacre di ogni tipo, che il popolo sentiva in modo sempre più concreto. Per evitare che questo sentimento popolare potesse rafforzare la Chiesa a discapito dello Stato, attraverso concili, riforme e lo spodestamento di Germano I, Patriarca di Costantinopoli contrario alla politica iconoclasta, a favore del favorito e servile Anastasio, l’imperatore sancì nell’Impero l’iconoclastia, permettendo così la rimozione di ogni orpello figurativo dagli edifici religiosi; anche Hagia Sofia fu colpita dall’editto, vedendosi spogliare di ogni apparato figurativo dipinto al suo interno.

Hagia Sofia, Pianta, Istanbul
A pianta rettangolare, con tre navate ed un unico abside semicircolare – poligonale all’esterno – Hagia Sofia è uno dei monumenti architettonici più complessi mai costruiti in passato: oltre che per il gioco di spazi, proporzioni e rivestimenti marmorei policromi, aura di sacralità le è conferito inoltre dall’immensa cupola sostenuta da quattro pennacchi, una soluzione che sposa a menadito il tecnicismo ingegneristico volto a relegare alla cupola stabilità e leggerezza e l’estro artistico dell’armonica fusione tra la base quadrata dei piloni e l’emisfericità della cupola.

Madonna con il Bambino, VII sec., mosaico, Hagia Sofia, Istanbul.  

Dal punto di vista museale, è ovvio che la struttura sia essa per prima, l’attrattiva principale, con i suoi sfarzosi mosaici parietali riportati alla luce per volere del presidente turco Ataturk che a partire dal 1935 permise di liberare gli interni dell’intonaco che copriva gli ornamenti parietali.
Ad ogni modo, la collezione museale consta di diverse tipologie, dalle icone, suppellettili e paramenti religiosi, ai diversi mosaici.

Icona Madonna con Bambino, Museo di Hagia Sofia, Istanbul 
Piastrella Kaaba, Museo di Hagia Sofia, Istanbul 

Hagia Irene, IV sec, Istanbul
Altro importante assetto museale è dato da Hagia Irene (Pace Divina), la prima chiesa costruita a Istanbul per volere dell’Imperatore Costantino, nel IV secolo, per quanto la sua attuale struttura ha subito rimodellamenti nei secoli presentando oggi quello basilare voluto dal restauro di Giustiniano nell’VI secolo.





Hagia Irene, Interno, Istanbul
La pianta di Hagia Irene è a pianta basilicale a tre navate - navata centrale e due navate laterali – e, caso unico delle chiese della città, conserva perfettamente l’atrio, mentre sulla volta dell’abside, una grande croce che risale al periodo iconoclastico, cela la raffigurazione della Madonna Theotokos. Oltre ad essere valido esempio di struttura museale, la chiesa si presta per via della sua ottima acustica ad ospitare concerti per lo più di musica classica.


Moschea Sokollu Mehmet Pasa, XVI sec, Istanbul 
Ovviamente per una visione turistica, culturale ed artistica della città, sarebbe auspicabile visitare le diverse moschee, chiese e sinagoghe che sorgono qua e là per le vie: Istanbul infatti è uno dei centri in cui coesistono Islamismo, Cristianesimo ed Ebraismo, che ben tutela le tre diverse religioni.
Tra le più importanti moschee configurano la Moschea di Fatih, del XV secolo, la Moschea Yeni, veneratissima dai fedeli musulmani e la Moschea Sokollu Mehmet Pasa, struttura architettonica in stile arabo del XVI secolo.

Per quanto ne concerne i musei, Istanbul presenta un assetto alquanto vario e composto di numerosi poli.
Oltre ai due già nominati di Hagia Sofia e Hagia Irene, tra i più importanti configurano sicuramente il Museo dell’Arte Turca e Islamica, il complesso dei Musei Archeologici e la Casa museo di Ataturk, che conserva cimeli e testimonianze legate direttamente al Primo Presidente della Turchia repubblicana.

Panorama Istanbul

Maniglia di porta, XIII sec. d.C,
legno e metallo, Museo dell'Arte
Turca e Islamica, Istanbul. 
Il Museo dell’Arte Turca e Islamica ha sede nel cinquecentesco palazzo residenziale in cui visse il Primo Gran Visir di Solimano il Magnifico e raccoglie testimonianze, reperti ed opere d’arte legate alla Turchia ed all’Asia Minore.
La sua variegata collezione, si suddivide in settori diversificati per tipologia di materiale e stile; secondo cui configurano i manoscritti; i tappeti e le stoffe; i suppellettili in metallo; vetro e ceramica; i manufatti in legno; opere di natura etnografica; le monete ed i sigilli; le opere in pietra.






Mobile per il Corano, prima metà del XVI sec.
legno, avorio e madreperla, Museo dell'Arte
Turca e Islamica, Istanbul. 
Pannello maiolicato con la Kaba della Mecca,
1676, Museo di Arte Islamica, Istanbul.
 

Marsia ritrovato a Tarso, III sec. a.C
marmo, Museo Archeologico, Istanbul
I Musei Archeologici, che sorgono nel Palazzo imperiale di Topkapi, sono costituiti dai tre: Museo di Archeologia, Museo dell’Oriente Antico e Museo dell’Arte islamica, che all’atto pratico si tramuta in una corposa collezione di oltre un milione di pezzi che racconta la plurimillenaria storia della Turchia.

Archeologicamente ed artisticamente importante perché ospitante opere d’arte e reperti storici di eccezionale valore e rinomati in tutti il mondo come i sarcofagi di Tabnit, di Alessandro e delle Piangenti,  il Museo di Archeologia, racconta principalmente Istanbul, Troia e l’Anatolia nei secoli, ma nel piano superiore si apre anche alle regioni vicine della Siria,, Cipro e Palestina.
Tra i pezzi di maggior rilevanza, oltre ai già citati sarcofagi di fama mondiale, configurano anche sculture interessanti come la Testa di Saffo di Lesbo, il Marsia ritrovato a Tarso e il complesso scultoreo raffigurante la famiglia di Faustina.

Gruppo scultoreo di Faustina dalle Terme di Mileto, II sec. d.C, marmo, Museo Archeologico, Istanbul. 

Statuette votive di Timna, IV sec. a.C. terracotta,
Museo dell'Oriente Antico, Istanbul.  
Il Museo dell’Oriente Antico raccoglie testimonianze legate alle civiltà preislamiche d’Egitto, Mesopotamia, Asia Minore ed ovviamente quella che un tempo era l’Anatolia.
La collezione inerente al museo è suddivisa in sezioni riconducibili a opere d’arte preislamica, manufatti egiziani, manufatti mesopotamici, manufatti dell’Anatolia, opere dell’antico regno di Urartu e Documenti cuneiformi.
Tra i pezzi più caratteristici si segnalano la meridiana ritrovata a Madain Saleh in Arabia Saudita e le Statuette votive del IV secolo a.C. ritrovate nel cimitero sacro di Timna, nello Yemen; mentre decisamente suggestivi sono i sarcofagi egizi con tanto di vasi canopi nei quali venivano riposti gli organi dei corpi poi mummificati. 

Panorama di Istanbul con le due moschee. 

SAN PIETROBURGO

Scorcio di San Pietroburgo sul fiume Neva. 
Indeciso tra Mosca, capitale della Russia dopo la Rivoluzione Sovietica del 1918 e San Pietroburgo, capitale storica dell’Impero Russo moderno, illuminista e policulturale, ho optato per la seconda, artisticamente arricchita dal Museo dell’Ermitage.

Fondata dallo zar Pietro il Grande agli albori del XVIII secolo ed intitolata a San Pietro, la città già dagli inizi si prestava a suggellare il suo importante ruolo di capitale marittima ed artistica: il suo porto infatti fu progettato per poter competere con la flotta mercantile inglese, mentre la sua urbanizzazione fu commissionata ad architetti ed artisti italiani, allora, tra i migliori sulla piazza europea.

Storicamente importante in quanto capitale dell’Impero Russo sino al 1918, San Pietroburgo nell’ultimo secolo ha vissuto vicende storiche intense come la Rivoluzione del 1905, la Rivoluzione Sovietica e l’assedio tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale. Ciò non toglie, anzi, amplifica l’importanza artistica della città, che si presenta come un vero e proprio museo a cielo aperto nei suoi palazzi, nelle sue chiese e nelle sue strade: il suo centro storico infatti dal 1990 è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

Molto suggestivi nelle loro cupole a cipolla ed esterni policromi e variopinti, sono gli edifici religiosi.
Seppur infatti la Cattedrale di Sant’Isacco nella sua impostazione neoclassica appare regale ed armoniosa con la sua cupola imponente dorata e le sue 112 colonne di granito rosso, la Cattedrale di San Nicola del Mare e la Chiesa del Salvatore sul Sangue versato, sono un tripudio di colori e lucentezza.

La Cattedrale di San Nicola del Mare, eretta in barocco elisabettiano – termine coniato per omaggiare la zarina Elisabetta di Russia - è una struttura della seconda metà del XVIII secolo, sorta nel borgo popolato da marinai e quindi dedicata al loro patrono.
A croce greca con cupolone centrale e quattro torrette agli angoli sormontate da cupoline a cipolla, il suo esterno è un gioco armonioso di linee e colori che ricordano per l’appunto un paesaggio marittimo, con il contrasto smorzato tra l’azzurro delle pareti e il bianco delle colonne corinzie che riecheggiano l’incresparsi delle onde e l’oro delle cupole come il sole.

Cattedrale di Sant'Isacco, 1818 - 1858,
San Pietroburgo. 
Cattedrale di San Nicola del Mare, 1753 - 1762, San Pietroburgo.


Chiesa del Salvatore del Sangue Versato, 1883, San Pietroburgo














La Chiesa del  Salvatore del Sangue Versato prende metaforicamente il nome dal luogo dove lo zar Alessandro II cadde vittima di un agguato nel 1881; fu per questo che tal edificio fu voluto dal successore di questi, Alessandro III, nel 1883: riecheggiando lo stile architettonico medievale russo – per alcuni aspetti la chiesa ricorda la Basilica moscovita di San Basilio – è per buona parte ricoperta di tasselli musivi di ceramica, smalti e vetro che la rendono un bijou luccicante e colorato.

Anche i monumenti civili sono architetture interessanti da visitare, sia perché storicamente parti integranti di un programma culturale come nel caso dell’Istituto Smol’nyj per nobili fanciulle, che per l’appunto aprì le porte dell’istruzione alle donne per volere dell’Imperatrice Caterina la Grande, sia perché artisticamente tali, come nel caso del Palazzo d’Inverno in Piazza del Palazzo, che ospita anche la Colonna di Alessandro, a ricordo della vittoria strappata da questo a Napoleone.

Palazzo d'Inverno - Museo dell'Ermitage, 1754 - 1762, San Pietroburgo

Palazzo d'Inverno, interno. 
Il Palazzo d’Inverno è un edificio della seconda metà del XVIII secolo, fatto costruire dallo zar Pietro il Grande su commissione a Bartolomeo Rastrelli, in qualità di dimora invernale della famiglia reale.
Parallelepipedo in barocco elisabettiano e rococò di dimensioni colossali, misurando più di 500 metri di lunghezza per 100 di larghezza ed avendo all’attivo 1500 stanze, il palazzo ben raccontava alle altre nazioni l’opulenza, lo sfarzo e la potenza della Russia.

Palazzo d'Inverno, Facciata, San Pietroburgo. 

S. Martini, Madonna dell'Annunciazione,
1340 - 1344, tempera su tavola,
Museo Ermitage, San Pietroburgo.
 
Assieme al Piccolo Ermitage, il Grande Ermitage, il Nuovo Ermitage ed il Teatro dell’Ermitage, il Palazzo d’Inverno costituisce il complesso museale dell’Ermitage, uno dei musei più rinomati, importanti e di spessore dell’intero pianeta, nonché punta di diamante di San Pietroburgo, che oltre a questo annovera altri musei di entità piuttosto lieve se paragonati ad esso, come il Museo Russo di Sua Maestà Imperiale Alessandro III dedito esclusivamente all’arte russa ed il Museo Stieglitz di arti applicate.

Composto da una collezione che annovera la creme de la creme dell’arte medievale, moderna e contemporanea, l’Ermitage è tra i musei più visitati al mondo e non a torto: tra le sue opere sono esposte tele, tavole e sculture di artisti capiscuola del calibro di Raffaello, Leonardo, Michelangelo, Tiziano e Caravaggio, e ancora Cezanne, David, Degas, Matisse, Monet, Renoir, Van Gogh e Picasso.



P. Rubens, Unione di Terra e Acqua, 1618,
olio su tela, Museo Ermitage, San Pietroburgo. 
F. Hals, Ritratto di uomo con guanto, 1650,
olio su tela, Museo Ermitage, San Pietroburgo.

Giorgione, Giuditta con la testa di Oloferne, 1504,
 olio su tela, Museo Ermitage, San Pietroburgo
Data la vastità della collezione, che richiede addirittura lo sbobinamento di quattro edifici collegati tra loro, questa si divide in settori argomentativi riguardanti l’arte preistorica, l’arte antica, arte europea, l’arsenale, l’arte orientale, l’arte e la cultura russa, la numismatica, il tesoro della galleria, il Palazzo d’Inverno, il Palazzo Menshikov, l’architettura generale, il museo della fabbrica imperiale della porcellana.

Sicuramente la sezione più importante è quella riguardante l’arte europea che contiene dipinti, sculture, disegni, incisioni, schizzi e miniature di eccezionale valore artistico. Infatti analizzando per sommi capi la collezione, la sezione arte europea custodisce dipinti come la Madonna dell’Annunciazione di Simone Martini; la Madonna Litta, la Madonna col fiore di Leonardo da Vinci; la Giuditta con la testa di Oloferne di Giorgione; il San Sebastiano e la Danae di Tiziano Vecellio; il Ragazzo accovacciato di Michelangelo Buonarroti, la Sacra Famiglia e la Madonna Conestabile di Raffaello; Il suonatore di liuto del Caravaggio; gli Apostoli Pietro e Paolo di El Greco; l’Unione di Terra e Acqua di Rubens; il Ritratto di un uomo di Frans Hals; la Flora di Rembrandt; la Composizione VI di Kandinskj, L’Età del Bronzo di Auguste Rodin, la Chitarra e il violino di Picasso, il Fumatore di pipa di Cezanne.

Tiziano, San Sebastiano, 1570, olio su tela,
Museo Ermitage, San Pietroburgo. 
Caravaggio, Il suonatore di liuto, 1595, olio su tela,
Museo Ermitage, San Pietroburgo.
 




H. Matisse, La conversazione, 1909, olio su tela,
Museo Ermitage, San Pietroburgo.
Particolare menzione va data ai dipinti di Henri Matisse, nel cui Ermitage se ne conservano ben 36. Oltre alla Danza e la Musica, che sono probabilmente il capolavoro dell’artista francese, di enorme importanza sono tutti i restanti; basti pensare che stiamo parlando di dipinti del calibro del Coffeehouse arabo, della Conversazione, della Natura morta con ciotola e frutta, della Natura morta con frutta e caffettiera, del Marocchino in verde, della Famiglia del pittore, del Ritratto di Lydia Delectorskaya, del Ritratto della moglie dell’artista, dell’Armonia in rosso, del Paesaggio di Colliure.


H. Matisse, Ritratto di Lydia Delectorskaya, 1947,
olio su tela, Museo Ermitage, San Pietroburgo. 
H. Matisse, Ritratto della moglie dell'artista, 1912,
olio su tela, Museo Ermitage, San Pietroburgo. 

San Pietroburgo vista dal ponte che attraversa la Neva. 

A seguire si riportano i restanti link de Le dieci città europee che consiglio di visitare:

mercoledì 15 gennaio 2014

Le 10 città europee che vi consiglio di visitare: BERLINO e ATENE (4/5)

Il quarto di cinque post dedicato alle 10 città europee che consiglio di visitare, è dedicato a due città che vivono esattamente agli antipodi, poiché la prima è il simbolo della storia e dell’arte contemporanea avendo vissuto una non indifferente ripresa artistica e culturale nei decenni a seguire la Seconda Guerra Mondiale e la seconda è il simbolo della storia dell’arte classica, essendo la patria dell’arte ritenuta perfetta ed armonica.

Per altro, alla luce degli ultimi catastrofici eventi di natura economica e politica che hanno visto il declino della Grecia su decisioni della Germania, risulta ancora più sentito il rapporto fra le due città che saranno raccontate, – ovviamente sotto un punto di vista artistico: Berlino e Atene.


BERLINO

“Alexander Platz, aufwiederseen!" ..C'era la neve, faccio quattro passi a piedi fino alla frontiera: "vengo con te!".

La Torre Televisiva del Fernsehturm
in Alexander Platz, Berlino. 
La canzone di Franco Battiato del 1982, è la giusta sintesi del clima che Berlino ha respirato per quasi quaranta lunghissimi decenni a seguire la fine della Seconda Guerra Mondiale: divisa in due zone governate dalle due potenze che si contendevano i brandelli del mondo durante il periodo della cosiddetta Guerra fredda, ovvero la Russia e gli Usa, Berlino Est e Berlino Ovest poterono ricongiungersi soltanto in seguito al crollo del Muro, avvenuto nel 1989.

Questo, smantellato quasi totalmente, ad oggi ne conserva solo un unico tratto la cui lunghezza non supera i 2 chilometri, divenuto attrazione turistica in qualità di monumento. E proprio la centrale Alexanderplatz era divisa da tal muro; una piazza storica perché, intitolata allo Zar Alessandro I che visitò la città di Berlino nel 1805, dagli inizi degli Anni '70 divenne per volere del governo filorusso, il simbolo della gloria socialista di quella che allora era “la nuova Germania dell’Est”, revisionata per l’occasione con palazzi e viali fra cui spicca l'enorme Torre Televisiva sferica del Fernsehturm.

Quadriga della Porta di Brandeburgo, Berlino. 
Di importanza storica come Alexanderplatz ma perché legata a momenti diversi, è la Porta di Brandeburgo, un tempo una delle 18 porte d’ingresso della città.
Alta ben 26 metri e larga 65, il monumento costruito verso la fine del XVIII secolo, riecheggia i fasti dei Propilei di Atene, con il suo impianto pseudo dorico che rivisita da un lato le colonne provviste di base, dall’altro il fregio che anziché terminare in un triglifo, accoglie diverse metope.
Alla cima della porta è situata la Quadriga, requisita da Napoleone e portata in Francia, dove rimase sino alla Restaurazione, quando fu ricondotta a Berlino e ricollocata dove si trova tutt’oggi.

Duomo di Berlino, 1717 - 1905. 
Considerando che, per via della sua storia plurisecolare, ma in massima parte per quanto accaduto nell’ultimo secolo, Berlino presenta diversi quartieri, piazze, strade da visitare, per cui sarebbe d’auspicio scegliere una bella giornata soleggiata d’estate e percorrerla tutta con zaino in spalla e curiosità alla mano, sicuramente un’attenzione un po’ più particolare merita la rete museale della capitale tedesca.

Una rete museale che trova il suo cuore nella piccola isola sita tra le sponde del fiume Sprea, che accoglie – oltre alla Cattedrale del XVIII secolo - ben cinque musei importanti: il Deutsches Historisches Museum, il Neues Museum, il Pergamon Museum, il Museo Bode e la National Gallery.

L'isola dei Musei, vista dal fiume Sprea. 

F. von Kaulbach, Germania,
1914, DHM, Berlino. 
Il Deutsches Historisches Museum sorto con il fine di raccontare la plurimillenaria storia della Germania, consta di circa 800.000 oggetti raccolti in trecento anni di assetto museale da diversi musei storico-tematici del Paese.
Provvisto anche di una libreria contenente più di 40.000 tomi, la collezione si divide in più settori, tra cui: Cultura quotidiana I, II e III; Archivio fotografico; Archivio cinematografico; Archivio documentario; Arti decorative e scultura; Stampe, disegni e incisioni; Dipinti e sculture; Militaria; Numismatica.

Deutsches Historisches Museum, facciata. 

Busto di Nefertiti, 1340 a.C., pittura su calcare,
Neues Museum, Berlino.
Il Neues Museum invece, raccoglie reperti storici ed artistici legati alla preistoria ed alle prime civiltà sviluppatesi, in particolar modo l’egizia.
Consta di tre collezioni:
- la collezione dedicata all’Antico Egitto ed ai papiri, che contiene al suo interno numerosi papiri, sarcofagi, sculture, busti e oggetti preziosi databili dal IV millennio al I millennio a.C. In questa è custodito anche il celeberrimo Busto di Nefertiti, conservato in ottimo stato.
- la collezione dedicata alla Preistoria e Protostoria, che contiene consta dei reperti legati all’antico sito archeologico di Troia, di Cipro, e dei diversi insediamenti delle province romane di Germania. A questa collezione appartiene il Cranio dell’Homo di Neanderthal di Le Moustier.
- la collezione di Antichità classiche, che consta di alcuni esemplari di sculture, vasi, iscrizioni, mosaici, bronzi e gioielli appartenenti alle antiche civiltà della Grecia e dell’Impero Romano.

Sezione dedicata all'Antico Egitto, Neues Museum, Berlino.

Figura di un dio, II millennio a.C.
Museo del Medio Oriente, Berlino.
Strettamente legato a questo è il Pergamon Museum, che ospita la corposa Collezione di antichità, la cui provenienza dei reperti archeologici è la stessa di quelli del Neues; il Museo del Medio Oriente, con pezzi pregiati come la Testa taurina, le Tavolette in argilla con caratteri cuneiformi e lo Scettro di Babilonia del VI; e il Museo di Arte Islamica, che contiene un nutrito numero di oggetti religiosi come diversi Corano, tappeti o olifanti.

Attrattiva peculiare di questo museo, che lo rende tra i più visitati di Berlino, è data dalla ricostruzione fedele di alcuni monumenti simbolo delle sezioni ivi rappresentate: nello specifico dell’Altare di Pergamo per quella di Antichità Classica, della  Porta di Ishtar e della Via delle Processioni di Babilonia per quella dell’Arte del Medio Oriente e della  facciata del Palazzo Mshatta ad Aleppo per quella dell’arte Islamica.

Riproduzione dell'Altare di Pergamo, nel Pergamon Museum, Berlino. 

Riproduzione del Processionale di Babilonia, nel Museo del Medio Oriente, Berlino. 


Riproduzione di una stanza del palazzo Mshatta di Aleppo, Museo dell'Arte Islamica, Berlino. 

Icona Cristo misericordioso, XII sec,
pittura su tavola, Museo Bode, Berlino.
Il Museo Bode invece, riguarda prettamente le collezioni di arte bizantina e scultura.
Al suo interno è possibile ammirare opere d’arte particolari come la statua del Satiro con la Pantera, di Pietro Bernini, la Madonna Pazzi di Donatello, il Ritratto di un giovane di Bacchio Bandinelli, nonché una serie di icone bizantine alcune delle quali mosaicate. Suggestivo è l’ampliamento del museo all’arte pittorica medievale e moderna, con oltre 150 dipinti che fanno da scenario alle statue.
Facciata del Museo Bode a Berlino. 

G. Grosz, I pilastri della società, 1926,
olio su tela, Neue Nationalgalerie, Berlino. 
La National Galerie infine, raccoglie opere d’arte dell’arco di tempo inerente all’arte contemporanea: data la vastità della collezione, questa è stata smistata presso diverse location, dal nome indicativo:
- La Alte Nationalgalerie (Vecchia Galleria Nazionale), nell’Isola dei musei, comprende circa 2000  opere d’arte inerenti al XIX secolo, spazianti dal Romanticismo, al Realismo, all’Impressionismo. Tra le più significative si citano La Natura morta con fiori e frutta di Paul Cezanne, L’albero solitario di Caspar David Friedrich, Il giardino d’inverno di Claude Monet.

- La Neue Nationalgalerie (Nuova Galleria Nazionale) presso il Forum Culturale di Postdamer Platz, il cui edificio fu progettato nel 1968 dal celebre architetto Ludwig Mies Van der Rohe, accoglie la collezione di dipinti e sculture del XX secolo, tra cui emergono Otto Dix, Edvard Munch, Salvador Dalì, Pablo Picasso, Paul Klee, Max Beckmann, Francis Bacon, Ernst Ludwig Kirchner, Max Ernst e Andy Warhol.
Tra le opere di maggior importanza si segnalano Potsdamer Platz di Kirchner, Invalidi di guerra giocano a carte di Otto Dix, la Tour Eiffel di Robert Delaunay,  I pilastri della società di  George Grosz.


O. Dix, Invalidi di guerra giocano a carte, 1920,
olio su tela, Neue Nationalgalerie, Berlino.
 
E.L. Kirchner, Postdamer Platz, 1914,
olio su tela, Neue Nationalgalerie, Berlino. 

K. Haring, Untitled, 1987,
pittura su legno, HBMG, Berlino. 
- L'Hamburger Bahnhof- Museum für Gegenwart – Berlin, che ha sede in un palazzo nelle vicinanze della Stazione ferroviaria, raccoglie la collezione di arte contemporanea che va dagli Anni’60 in poi, che contiene opere di Andy Warhol, Joseph Beuys, Keith Haring, Roy Lichtenstein e Robert Rauschenberg.
Tra le opere di maggior prestigio, degne di nota sono Ohne Titel e Mao di Andy Wahrhol,  Osiris di Joseph Beuys, Untitled di Keith Haring.

Facciata dell'Hamburger Bahnhof - Museum fur Gegenwart - Berlin

J. Beuys, Osiris, 1970 - 1979, cartone su tela, Museum Berggruen, Berlino.
- Il Museum Berggruen, di fronte al Palazzo di Charlottenburg, prende il nome dalla collezione omonima di arte contemporanea, appartenuta ad Heinz Berggruen, che si compone di 120 opere, tra cui molte di Pablo Picasso, Henri Matisse, Paul Klee, Alberto Giacometti, Georges Braque e Paul Cezanne.
Tra le più importanti della collezione si considerano l’Arlecchino Seduto, Il pullover giallo e Horta de Ebro di Picasso, L’anello del pesce e Necropoli di Klee, Il ponte di corda di Matisse, Grande donna in piedi III di Giacometti e La signora Cezanne di Cezanne.

P. Picasso, Il pullover giallo, 1939, olio su tela,
Museum Berggruen, Berlino. 
P. Cezanne, Madame Cezanne, 1885, olio su tela,
Museum Berggruen, Berlino. 

Friedrichswerdersche Kirche, Interno, Berlino. 
- La Friedrichswerdersche Kirche, ospita parte della collezione della Vecchia Galleria Nazionale, inerente alle sculture di mano tedesca del periodo intercorso tra XVI e XIX secolo, tra cui si distinguono per numero ed importanza quelle di Johann Gottfried Schadow, Christian Daniel Rauch e Karl Friedrich Schinkel.

- La Scharf Gerstenberg Collection, nello Stulerbau, ospita la sezione dedicata al surrealismo attraverso un percorso storico di più di due secoli, da Giovan Battista Piranesi a René Magritte, passando per Francisco Goya, Odilon Redon, Max Klinger, Salvador Dalì e Max Ernst.
Tra le opere maggiormente interessanti si segnalano Erotique voilèe di Man Ray, Carceri di invenzione di Piranesi, Omaggio a Goya di Redon, Il trionfo dell’amore di Max Ernst. 

O. Redon, Omaggio a Goya, 1895, olio su tela,
Scharf Gesrtemberg Collection, Berlino.  
G. B. Piranesi, Carceri di invenzione, 1761,
Scharf Gesrstemberg Collection, Berlino.

Caravaggio, Amor vincit Omnia,
1602 - 1603, olio su tavola,
Gemaldegalerie, Berlino. 
Ultimo museo, non facente parte dell’isola dei musei è il Gemaldegalerie, individuabile quale museo d’arte medievale e moderna di Berlino.
Dal punto di vista logistico il museo si divide in otto sezioni, che rispettano una visuale tesa ad incrociare l’aspetto cronologico e quello geostilistico delle opere: Pittura tedesca dei secoli XIII e XIV; Pittura italiana dei secoli XIII e XIV; Pittura tedesca dei secoli XIV – XVI; Pittura fiamminga ed olandese del XVII secolo; Pittura tedesca, francese e spagnola del XVII secolo; Pittura italiana dei secoli XVII e XVIII; Pittura inglese, francese e tedesca del secolo XVIII; Miniature dei secoli XVI – XVIII.


J. Fouquet, Madonna con Bambino (Dittico di Melun),
1450 - 1455, olio su tavola, Gemaldegalerie, Berlino. 
J. van Eyck, Madonna in Chiesa Gotica, 1425 - 1430,
olio su tavola, Gemaldegalerie, Berlino. 

Petrus Christus, Ritratto di fanciulla, 1470 ca,
olio su tavola, Gemaldegalerie, Berlino. 
Considerando la vastità della collezione, che si dispone in ben 72 sale e l’importanza degli artisti le cui opere sono esposte, in una visione molto rappresentativa, basti pensare che qui sono custoditi dipinti talmente importanti per la storia dell’arte moderna, del calibro di: Il ritratto di Federico il Saggio di Albrecht Durer; il Trittico del Giudizio Universale del Beato Angelico; Il San Sebastiano di Sandro Botticelli; L’Amor vincit Omnia del Caravaggio; la Leda e il cigno del Correggio; la Pala Tornabuoni di Domenico del Ghirlandaio; La presentazione al tempio di Andrea Mantegna; La Madonna Terranuova di Raffaello; Il ritratto d’uomo del Tiziano; Il ritratto di fanciulla di Petrus Christus; Il ratto di Proserpina di Rembrandt; la Madonna in una chiesa gotica ed il Ritratto di Giovanni Arnolfini di Jan van Eyck ed il Dittico di Melun di Jean Fouquet.

Porta di Brandeburgo, 1788 - 1791, Berlino. 

ATENE

Scorcio della salita all'Acropoli, Atene
Capitale del paese classico per eccellenza, la sua storia plurimillenaria le ha riservato momenti migliori dell’attuale. Con i suoi templi e la sua arte, Atene è una delle città più affascinanti e dense di storia d’Europa: fu lei a dare i natali alle Olimpiadi antiche dal VIII secolo a.C al IV d.C, così come fu lei ad aprire nel 1896 quelle moderne e a riproporle nel 2004.
La sua storia ancor oggi, è testimoniata dai suoi monumenti celeberrimi in tutto il mondo e dai suoi musei densi di reperti archeologici e opere d’arte, che raccontano in linea di massima il periodo di maggior splendore della civiltà greca, avutosi sino all’avvento della potenza romana.

Rito del cambio della guardia, Atene.
Dal punto di vista moderno, se per i più sportivi potrebbe risultare stimolante la visione dell’opera di Calatrava dell’Olimpiako Stadio Spyros Louis, che nel 2004 ospitò le cerimonie di apertura e di chiusura dei Giochi Olimpionici, per il classico turista curioso degli usi e costumi del paese, interessante è il rito del cambio della guardia degli Evzones, le guardie d’onore del paese in costume tradizionale greco, davanti al Palazzo del Parlamento.

Chiesa di Kapnikarea, XI secolo, Atene. 
Per i credenti, un’ottima occasione per assistere al rito ortodosso della messa, è visitare le chiese del circondario, tra cui, sotto una visione artistica e storica, si segnalano in particolar modo la Chiesa bizantina di Kapnikarea, risalente a metà dell’XI secolo e dedicata a Santa Maria Madre di Dio e la Chiesa Mistrà di Pantanassa, dedicata a Maria Regina del mondo, eretta nel XV secolo, che sembra riprendere esternamente motivi gotici come le arcatelle cieche ogivali e la decorazione a fogliame ed il cui interno trovano luogo affreschi databili ad un arco di tempo del XV – XVIII secolo, tra cui si distinguono per bellezza, cromia e stile quelli che raffigurano la Vergine Platytera nel catino absidale, l’Ascensione nella volta del bema, e L’ingresso a Gerusalemme nella volta del braccio est della croce.

Vergine Platytera, XV secolo, affresco, Chiesa di Mistrà di Pantanassa, circondario di Atene. 

Da un punto di vista storico artistico, Atene apre a due diversi tipi di musei: quello all’aperto dato dalla visita dei templi antichi e quello dei reperti, dove sono ammirabili le testimonianze materiali del passato.
Toccando la prima strada, non si può visitare Atene esulando dal vedere la sua Acropoli.

Eretteo, V sec a.C, Acropoli di Atene. 
Ovviamente non mi dilungherò sull’architettura dei monumenti ivi siti, dato la vasta eco di cui risentono; ma in una visione riassuntiva, basti dire che l’Acropoli è per antonomasia il simbolo dell’Atene repubblicana di Pericle – uno degli apici storici vissuti dalla città, –  le cui costruzioni sono databili al V secolo a.C. ed è costituita dal Partenone, dai Propilei, dall’Eretteo e dal Tempio di Atena Nike.

Tempio di Efesto, V sec. a.C., Atene

Stesso discorso vale per i diversi templi e le aree archeologiche della città, di cui si segnalano il Tempio di Zeus, - il più magniloquente del periodo romano ed ellenistico, in Grecia – ed il Tempio di Efesto, un tempio dorico periptero esastilo con cella distila, tra i meglio conservati d’Europa.
Al suo interno caratteristiche sono le metope scolpite sull’architrave, le cui 10 sulla parete frontale raffigurano Le fatiche di Ercole e le 24 sulla parete orientale Le imprese di Teseo, probabilmente lo stesso che compare nel fregio orientale, intento a combattere i  Pallantidi e che compare invece sicuramente in quello occidentale, in una scena di Tauromachia.

Fregio del Partenone, V secolo a.C., Museo dell'Acropoli, Atene. 

Alkamene, Hermes Propyleios,
V sec. a.C.,  copia in gesso,
Museo dell'Acropoli, Atene 
Dei numerosissimi musei siti ad Atene invece, sicuramente vanno segnalati il Museo dell’Acropoli, Museo Archeologico Nazionale e la Galleria Nazionale.
Il Museo dell’Acropoli, situato sullo stesso altipiano, raccoglie come suggerisce il nome, i reperti e la statuaria facente parte degli edifici attigui.
Tra le statue più importanti, fonte di studio per gli archeologi e gli storici dell’arte, di grande impatto sono la Kore col peplo, la Kore di Antenore, le Cariatidi dell’Eretteo, l’Hermes Propyleios di Alkamene ed il Moscoforo.



Kore col peplo, 540 a.C., marmo,
Museo dell'Acropoli, Atene.
 
Moscoforo, 570 a.C., marmo,
Museo dell'Acropoli, Atene. 
Antenore, Kore, 525 a.C., marmo,
Museo dell'Acropoli, Atene.
 

Maschera di Agamennone, 1550 a.C,
lamina oro, Museo Archeologico, Atene.
Il Museo Archeologico Nazionale è ovviamente il museo di arte greca più importante del mondo, possedendo reperti, statue e opere che raccontano i secoli più importanti della storia del paese, toccando ogni città e sito importante.
Per via del cospicuo numero delle testimonianze custodite e per questioni logistiche, la collezione è stata smistata in diversi settori: la collezione preistorica, neolitica, cicladica e micenea; la collezione scultorea con sculture arcaiche, classiche ed ellenistico – romane; la collezione dei bronzi; la collezione delle antichità egizie; la collezione delle ceramiche e la Collezione Stathatos, donata dalla famiglia omonima.



Fidia, Varvakeion Athena (copia), II sec. d.C.,
marmo, Museo Archeologico, Atene. 
Vaso attico con figure rosse, V sec. a.C.,
terracotta, Museo Archeologico, Atene. 

P. Picasso, Testa femminile, 1934 - 1939,
olio su tela, Galleria Nazionale di Atene.
Infine la Galleria Nazionale, conserva una collezione di dipinti, sculture ed incisioni di età moderna e contemporanea, tra cui alcuni eseguiti per mano di artisti celeberrimi.

Tra le opere più importanti si segnalano i dipinti Il ritratto della signora con la maschera in mano di Rosalba Carriera, Un episodio di battaglia greca di Eugene Delacroix, un Paesaggio ed Il mulino di Piet Mondrian, una Testa di Francis Picabia,  l’Allevamento di Nostra Signora di Francesco Solimena; le sculture Il guaritore di Renè Magritte, Il figliol prodigo di Auguste Rodin e le incisioni Apollo di Georges Braque, le Bagnanti di Paul Cezanne, Adamo ed Eva di Albrecht Durer e La resurrezione di Lazzaro di Rembrandt. Da gennaio 2014 non è più possibile ammirare la Testa femminile di Pablo Picasso, poiché rubata da ignoti

Acropoli di Atene, panorama. 

A seguire si riportano i link dei restanti post: