giovedì 26 settembre 2013

Sofonisba Anguissola, ritrattista dell'anima

Mentre figure di artiste come Artemisia Gentileschi e Rosalba Carriera, nel loro piccolo godono di una fama non indifferente, stessa cosa probabilmente non è possibile affermarla a riguardo di una loro pari vissuta a cavallo tra ‘500 e '600, ritrattista ufficiale dei Reali di Spagna.

Parlo di una pittrice, tal Sofonisba Anguissola, che tanto mi ha ricordato nel suo Autoritratto del 1554, conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Ragazza con occhi verdi, che Matisse dipinse nel 1908: lo sguardo è lo stesso, con quegli iridi di un verde acceso e sconvolgente che catturano le attenzioni e sprigionano la vita in una cornice di pacata serenità.

Sofonisba Anguissola, Autoritratto, 1554, olio su tela,
Kunsthistorisches Museum, Vienna
H. Matisse, Ragazza con occhi verdi, 1908, olio su tela,
Museum of Modern Art, San Francisco

Nata a Cremona, nel 1532, da genitori piacentini appartenenti alla nobile casata degli Anguissola, Sofonisba fu forse la più degna rappresentante femminile della pittura rinascimentale in Europa. La fortuna di nascere in una famiglia che le potesse permettere un’educazione di tutto rispetto improntata agli studi umanistici, le permise di poter sperimentare la pittura presso la bottega di Bernardino Campi prima, e Bernardino Gatti poi.

S. Anguissola, Autoritratto al cavalletto, 1556, olio su tela,
Muzeum Zamek, Lancut.
Fu lo stesso Bernardino Gatti che, valutando il talento di Sofonisba, la indusse a ripercorrere la strada della ritrattistica, notando la sua particolare attenzione ai tratti fisiognomici della figura umana: poter ritrarre modelli dal nudo allora, non era un’opportunità così facilmente concessa alle donne, perché la società moralistica del tempo non vedeva di buon occhio la cosa;  quindi sotto quest’ottica di proibizionismo, la pittrice fu più motivata e spinta ad eccellere rispetto ai colleghi di sesso maschile, riuscendo a farsi notare dal maestro prima e dai committenti poi.

E fu proprio nelle corti italiane che Sofonisba si rivelò figura di spicco del Tardo Rinascimento e del Manierismo, tanto da esser citata anche ne Le Vite di Giorgio Vasari, in quanto artista completa che ne sapeva oltre che di arte, anche di musica e letteratura, ben lodata da Michelangelo, che dopo averla conosciuta, la riconobbe come abile e talentuosa pittrice.

S. Anguissola, Ritratto di Filippo II, 1565, 
olio su tela, Museo del Prado, Madrid
Ciò che scrisse il Vasari riguardo ai suoi dipinti (“tanto ben fatti che pare che spirino e siano vivissimi”), fu quanto videro in Sofonisba tutti i committenti e i reali sotto i quali lavorò:  specializzata in ritratti, la pittrice ritrasse i suoi modelli apportando la giusta attenzione e meticolosità alla resa fisica dei volti, ma non solo. 
Convinta che l’apporto di elementi  ed oggettistica appartenente al ritratto, potesse raccontare la sua personalità, alcuni particolari di lui sconosciuti, o passioni non rivelate ed interessi curiosi, non di rado ritraeva i suoi modelli nell’atto di leggere un libro che destava in loro un deciso interesse, o ancora, mentre indossavano gioielli e monili di famiglia a cui erano particolarmente legati o un'arma alla cintola, simbolo del potere esercitato.

Ovviamente dei ritratti di Sofonisba quello che colpisce di più l’animo di chi ammira quei volti è – come dicevo nell’introduzione all’artista - l’intensità degli sguardi e l’espressività emotiva dei visi, che testimoniano uno studio intenso sulla resa della contrazione dei muscoli, come deducibile dai disegni effettuati dall’artista: così come aveva fatto Leonardo per il suo Giuda nell’Ultima Cena, (vedi svirgolettata su La bruttezza nella figura femminile dell'arte), Sofonisba si esercitò molto sulla resa del riso, del dolore, del disgusto, del pianto; esempio valido dei suoi risultati è il disegno di un bimbo che piange perché morso da un granchio, al quale, perché no, potrebbe essersi ispirato il Caravaggio, lombardo come lei, per il suo Ragazzo morso da un ramarro

S. Anguissola, Bimbo pizzicato dal granchio, 1554, 
carboncino su carta, Museo di Capodimonte, Napoli.
Caravaggio, Ragazzo morso da un ramarro, 1594,
olio su tela, National Gallery, Londra.

Dopo aver assaggiato le diverse corti italiane, nel 1559 Sofonisba tentò il riconoscimento europeo approdando alla corte di Filippo II di Spagna, stabilendosi inizialmente come dama di corte della regina e delle sue figlie, poi, una volta convinto il re delle sue doti, come ritrattista sino al 1568, quando venne a mancare la regina Isabella, che tanto aveva premuto affinché la pittrice fosse riconosciuta ritrattista ufficiale della famiglia reale.

A. Van Dyck, Ritratto di Sofonisba Anguissola, 1573,
olio su tela, British Museum, Londra.
Abbandonata quindi la corte spagnola con la morte della regina, non sena aver lasciato un buon ricordo di sé, tanto da essere lodata ed ammirata dal suo successore alla corte spagnola, Antoon Van Dyck, che le dedicò un ritratto, Sofonisba sposò nel 1573 il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì con lui a Paternò, in Sicilia. Successivamente con la morte del marito, avvenuta 5 anni dopo durante il viaggio di questi verso la spagna, la pittrice lasciò la Sicilia per Livorno, dove conobbe e sposò in seconde nozze, il nobile genovese Orazio Lomellini. E con lui tornò a Palermo, dove continuò a dipingere nonostante seri problemi di vista, che l’accompagnarono sino alla morte, avvenuta nel 1625. 

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