lunedì 23 settembre 2013

L'isola dei morti di Arnold Bocklin: il dipinto preferito da Hitler

Cercando di aggiornare con costanza la rubrica della pagina facebook di Svirgolettate, Un'opera dell'arte al giorno, - un contenitore che vuole provare a far da saltimbanco tra un’epoca e l’altra attraverso dipinti significativi e non per forza rinomati, - per il dipinto della data 22 settembre ho pensato di riproporre qualcosa che ricordasse l’autunno, coi suoi colori tiepidi, con il suo ricordo ai defunti, con il suo altalenante clima piovoso e freddo, mite e soleggiato.

A. Bocklin, Paesaggio di campagna, 1857, olio su tela,
Alte Nationalgalerie, Berlino. 
Per cui, scavando nei meandri della memoria, cercando di individuare un artista che avesse degnamente saputo raffigurare gli elementi che cercavo, mi sono ricordato di un meraviglioso Arnold Bocklin, artista che avevo affrontato per l’esame di Storia delle Arti Applicate; un pittore operante nella seconda metà dell’Ottocento, ascrivibile al periodo a cavallo tra gli ultimi strascichi di neoclassicismo e le prive avvisaglie di Art Nouveau, passando per una fase romantica di forte effetto.

Nato nel 1827 e morto nel 1901, Bocklin visse quindi gli anni d’oro dell’Impero Tedesco: un periodo attraversato da una consapevolezza di stampo nazionalistico applicabile alla letteratura, così come alle arti. Ma l’artista svizzero fu una figura rappresentativa della storia dell'arte non solo in Germania, bensì anche in Italia, avendo vissuto parte della sua vita anche in Toscana.

Fu proprio l’Italia infatti a trascinarlo verso la pittura di stampo romantico, essendo egli inizialmente un paesaggista, talentuoso ma non geniale: già in questo primo passaggio, che sfocerà negli ultimi due decenni dell’Ottocento in Art Nouveau, la sua pittura si arricchisce di originalità,  rivelando elementi mitologici tipici delle due correnti.

A. Bocklin, L'Isola dei morti, (I versione) 1880,
olio su tela, Kunstmuseum, Basilea. 
Una pittura molto vicina per alcuni aspetti a quella del Fussli de L'incubo, dove creature oniriche si perdono tra architetture classiche, dove i simbolismi e le allegorie si nascondono dietro animali, raffigurazioni antropomorfe ed oggetti, dove è presente molto spesso un richiamo ossessivo alla morte; una pittura che aveva avuto modo di sperimentare già all’Accademia di Dusseldorf dove si iscrisse nel 1845, divenendo allievo di  Johann Wilhelm Schirmer, pittore famoso per i suoi dipinti con soggetti mitologici.
           
Proprio a questo tipo di pittura appartiene l’opera L’isola dei morti, commissionata all’autore nell’aprile del 1880 dalla contessa Marie von Oriola di Budesheim. La nobile tedesca in quell’occasione, chiese all’artista, allora vagante tra la Germania e Firenze, una rappresentazione pittorica della della vita dopo la morte.

A. Bocklin, L'Isola dei morti (II versione), 1880, olio su tavola,
Metropolitan Museum, New York 
Un soggetto non facile da interpretare, ma in pieno clima artistico del tempo; per cui a Bocklin non bastò che guardarsi attorno e prendere spunto dalla vita – e dalla morte – che lo circondava.

Il quadro infatti, che raffigura una barca che si accosta ad un monumentale scoglio che affiora dalle acque, ospitante cipressi altissimi e ripide pareti di pietra, pare prendere spunto per l’isola, dal Cimitero degli Inglesi a Firenze, nelle cui vicinanze sorgeva lo studio di Bocklin, dove furono dipinte le prime tre versioni.

Ovviamente non è certa l’appartenenza del modello al cimitero: il modello per l'isolotto roccioso è ancor oggi fonte di dibattito fra i critici d'arte, poiché secondo qualcuno Bocklin avrebbe viaggiato per il mediterraneo sino a scoprire Pontikonissi, piccola isola vicino Corfù, custode di una cappella in mezzo a un boschetto di cipressi; secondo altri critici, Bocklin avrebbe semplicemente preso spunto dai faraglioni di Capri o addirittura dal castello aragonese di Ischia.

A. Bocklin, L'Isola dei morti (V versione), 1886, olio su tavola,
Museum der Bildenden Kunste, Lipsia. 
L’opera d’arte presentata alla contessa, fu subito oggetto di fortuna critica, riscontrando le lodi della committente in primis e dei critici a seguire; persino nel mondo artistico letterario il dipinto colpì le attenzioni di grandi figure come Freud, D’Annunzio – che fece istallare alberi di cipresso nel Vittoriale – Dalì e De Chirico, che prese spunto anche da L’isola dei Morti per individuare alcuni punti fermi della sua angosciante e silente pittura metafisica.

A. Bocklin, L'Isola dei morti (IV versione), 1884, olio su rame,
distrutto a Berlino durante la Seconda Guerra Mondiale.
Tale grandissimo successo spinse allora un Bocklin entusiasta e motivato a dipingerne altre versioni: la seconda è praticamente per cromia e composizione, identica alla prima; la terza, dipinta nel 1883 e data alla signora Tina Schoen-Renz di Worms in Germania, la quarta, dipinta nel 1886 e la quinta, commissionata sempre nel 1886 dal Museum der bildenden Künste di Lipsia, videro invece uno schiarimento del colore, che relegava ai quadri un’atmosfera di pace, quiete e serenità, maggiori alle prime due versioni.

E di queste, mentre la quarta, appartenendo al ricco collezionista d'arte Heinrich Thyssen-Bornemisza, che la appese nella sede della Berliner Bank, scomparve sotto i bombardamenti di Berlino, per cui del dipinto ne rimane solo una fotografia in bianco e nero, la terza versione è senza dubbio quella più conosciuta e ambita dai critici.

A. Bocklin, L'Isola dei morti (III versione), 1883, olio su tavola, Alte Nationalgalerie, Berlino. 
Perché la terza versione de L’isola dei morti, era il quadro preferito da Adolf Hitler, tanto da acquistarlo dalla signora   Schoen-Renz di Worms, nel 1936.
L’idea iniziale del Furer infatti era quella di inserire il dipinto tra le opere degne di essere custodite nel museo dell’arte del Reich, a guerra finita.
Si racconta addirittura che nel 1938, in visita a Firenze, Hitler si fosse soffermato ad ammirare i cipressi sopra piazzale Michelangelo, per poi esclamare: “Adesso capisco Bocklin!”.

Un amore, quello di Hitler per Bocklin, che sfociava quindi non di rado nell’ufficialità: un esempio tra tutti è la foto ufficiale che ritrae nel 1939, Hitler insieme al suo ministro degli esteri von Ribbentrop e al ministro degli esteri sovietico Molotov, subito dopo la firma del patto di non aggressione russo-tedesco del 1939, nello studio del dittatore, dove si vede appesa al muro proprio la terza versione del quadro di Bocklin.

Hitler con von Ribbentrop e Molotov durante la firma per
il patto di non aggressione del 1939. Dietro Hitler, si nota
il quadro di A. Bocklin.
E ancora nell’aprile del 1945, quando l’Armata Rossa entrò nel bunker della cancelleria di Hitler a Berlino, L’isola dei morti risultava ancora appesa sulla parete dello studio di Hitler.
Fu un generale russo a staccarla dalla parete e a portarla a Mosca, dove rimase sino al 1979, quando i tedeschi la ricomprarono grazie a delicate trattative diplomatiche, per esporlo al Museo d’Arte Moderna di Berlino, dove ancor oggi turisti da tutti il mondo possono ammirarla, volgendo poi lo sguardo a poche centinaia di metri più in là, dove sorgeva il bunker del dittatore, che tanto amava Bocklin. 

Nessun commento:

Posta un commento