lunedì 6 maggio 2013

Musei italiani in rovina: e se lasciassimo fare ai giovani?


Guardando come mio solito la homepage di Facebok, dopo un pomeriggio di lavoro conclusosi prima del previsto, mi sono soffermato incuriosito su un articolo condiviso dal mio amico Marcello, il cui titolo recita “Anna Maria Testa. Spot da museo”. La cosa non mi avrebbe scosso più del dovuto, - leggo abitualmente circa la valorizzazione dei musei – se non fosse per il commento di Marcello: “A volte mi chiedo: ma mancano i soldi o mancano le idee?”
E così mi son deciso ad aprirlo in un'altra finestra ed a leggerlo.

L’articolo in questione, (posto qui, per gli interessati, la versione integrale di Spot da Museo), è stato scritto dalla docente di creatività e comunicazione alla Bocconi di Milano, Anna Maria Testa, che da adito proprio in questo, a personali considerazioni coadiuvate dai fatti, ben supportati da fonti certe.

È curioso senza dubbio, dati alla mano, notare il gap esagerato tra quantità e qualità dei fattori riguardanti l’assetto museale italiano: insomma c’è da andarne fieri del fatto che sul territorio nazionale configurino il doppio delle istituzioni presenti su quello francese, ed è lodevole, in un periodo di forte crisi, che la cultura in genere, dia lavoro ad 1.400.000 persone.

Sconvolgente rimane però, il dato inerente all’“economia della cultura”: per un paese che detiene il 75% dei beni Patrimonio dell’Umanità, non è assolutamente accettabile che la cultura frutti allo Stato solo il 5,4% dell’intero introito nazionale.
E ancora è imbarazzante che nella graduatoria delle pagine web dei musei di tutto il mondo, i musei italiani non configurino tra i primi posti.

Il problema quindi a detta della Maria Testa, è senza dubbio da riscontrarsi nella mancata valorizzazione del nostro patrimonio; musei esteri che hanno opere che valgono meno della metà delle nostre, comunque non restano con le mani in mano: creano, ideano e promuovono al meglio ciò che hanno.

E a tal punto non posso non prender in considerazione quanto scritto dal mio amico Cominale, nel suo blog,  a proposito del magnifico lavoro fatto dal British Museum a riguardo della mostra “Life and death in Pompeii and Hercolaneum” (qui l’articolo di riferimento Welcome Pompei!, al quale ho contribuito) e constatare che evidentemente questi dati di fatto creano preoccupazione. Non è possibile infatti che l’Italia non sponsorizzi il suo immenso e meraviglioso patrimonio; non è concepibile che l’Italia non capisca che la cultura è l’investimento più importante e sicuro a cui aggrapparsi, un investimento che potrebbe rendere molto di più del 5,4% di oggi.

L’articolo si chiude con una riflessione della professoressa, in cui questa immagina quanto si potrebbe fare “con un po’ d’intelligenza, di accuratezza e di voglia di raccontare l’arte e la scienza in modo coinvolgente, moderno e, soprattutto, non condiscendente”.
E allora ben capisco il dubbio di Marcello; tutto torna.
Perché in fondo, a pensarci bene, il dubbio di Marcello potrebbe essere quello di qualunque italiano legato alla sua terra e deluso da come questa di presenta al mondo.

Ma quello che voglio rispondere, quello che io credo, è che la verità sta nel mezzo: da un lato forse mancano le risorse per sponsorizzare e valorizzare degnamente il nostro immenso patrimonio artistico, dall’altro però, me lo si lasci dire, manca il coraggio di investire nei giovani!

E lo so questo perché lo vivo in prima persona! Io, come i neolaureati in arte come me, abbiamo i denti, ma non il pane. Abbiamo le idee, che sono lasciate lì ad ammuffire perché non ci viene data un’opportunità per concretizzarle, e non pensate che il mio sia lo sfogo di una vittima. I musei puzzano dell’odore di vecchio dei sederi incollati alle poltrone da fin troppi anni: se non c’è rinnovamento a livello istituzionale e generazionale, non possiamo pretendere di effettuare all’improvviso voli pindarici!

Insomma, se si pensa che il curatore della mostra “Empire State. Arte a New York oggi”, allestita al Palazzo delle Esposizioni, a Roma, sino al 21 luglio, ha 27 anni, allora forse sarebbe più chiaro che il segreto del successo e della competitività è da riscontrarsi nella fiducia e nel passaggio di testimone ai giovani! 

Ma in fondo – e qui mio malgrado son costretto a trasformarmi in vittimista - l'Italia è un paese per vecchi. Quindi rassegniamoci e andiamo piuttosto a consegnare il CV a Mc Donald's, che se ci va bene, ci resta il sabato sera per dedicarci ai musei. Si, ma da visitatori.

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