sabato 25 maggio 2013

La Madonna dell'Insalata di Recanati: Caravaggio o non Caravaggio?

Degli artisti più celeberrimi della storia dell’arte, non sempre è possibile delineare una precisa e sicura cronologia del loro operato: molto spesso accade che venga ripresa in considerazione un’opera d’arte snobbata o semplicemente non conosciuta, diroccata in qualche chiesa periferica o palazzo privato, che venendo attribuita all’artista per stile più vicino, finisce addirittura per svelare un lato poco conosciuto di questo.

Ricordo a tal proposito le tele del Tintoretto e del Veronese site presso la Pinacoteca Provinciale di Bari, protagoniste dei restauri del 1914-15 e del 2010, che testimoniano una meravigliosa collaborazione non solo commerciale ma anche artistica tra il Veneto e la Puglia, o il dipinto dei SS. Quattro Coronati un tempo sito nell’ormai demolita Sant’Andrea in Vincis, attribuito non a caso per qualche tempo al Caravaggio.

E a proposito del Caravaggio, contestualizzandolo alla premessa fatta, diviene importante analizzare e screditare per quanto ci è possibile, l’alone di mistero che aleggia intorno ad un dipinto attribuito a questo sin dal lontano 1916, che io, semplicemente perché ingordo della sua arte, voglio credere suo: La fuga in Egitto, altrimenti detta la Madonna dell’insalata, custodita presso la Chiesa dei Cappuccini di Recanati.

Già, Recanati, il paese protetto dai Conti Leopardi, il cui massimo esponente, Giacomo, è tra i padri fondatori della letteratura moderna che fa capo al XIX secolo, pare abbia ospitato anche Caravaggio, che qui, potrebbe aver lasciato una sua opera.

La storia dell’attribuzione del dipinto a Caravaggio inizia quasi un secolo fa, quando il recanatese Patrizi, studioso di criminologia, si occupò più volte della figura del Caravaggio, affascinato da quell’evento che lo vide protagonista della morte di Ranuccio Tommasoni.
In visione di ciò, il Patrizi, si imbatté casualmente, il 25 luglio del 1912, (un periodo ricordiamolo, in cui l’interesse per l’arte correlato alla riscoperta del patrimonio artistico, era all’apice), in un dipinto presente nella chiesa dei Cappuccini del suo paese.

E analizzando il colore, i soggetti, la resa pittorica e volgendo uno sguardo d’insieme a quella che era stata la vita del pittore per eccellenza, in un articolo del 1916 si decise ad attribuire quest’opera a Caravaggio, definendola un Riposo nella fuga in Egitto. E poiché la sacra Famiglia è intenta a preparare una cena improvvisata con della verdura selvatica, denominò il dipinto “Madonna dell’insalata”.

Tenete ben a mente questa denominazione, perché ci ritornerò più tardi.
Continuando il nostro percorso, l’opera subì vari restauri: nel 1916, a poche settimane dall’articolo, il dipinto fu restaurato in qualità di “opera del Caravaggio” (il che attesta una convinzione del sopraintendente delle Gallerie delle Marche ad accettare l’attribuzione) dal restauratore De Bacci Venuti, che fermò il colore risollevato, evitando che questo cadesse; nuovamente nel 2008, così da rimuovere le vecchie vernici, ossidate nel secolo corrente.

Questo, ha permesso che la tela acquisisse maggiore leggibilità e luminosità, per cui ghiotta si è resa l’occasione di avviare una più approfondita indagine storico archivistica, che ha permesso di appurare che il dipinto è presente nella chiesa del convento dei Cappuccini di Recanati a partire dalla fine dell’Ottocento.

Ora, converrete che se il dipinto è del XVII secolo, per ben due secoli è stato sito necessariamente presso un altro edificio, per cui si è tentato di individuare la chiesa o il palazzo di provenienza dell’opera. E a tal punto, il professor Bartolozzi, storico dell’arte che tenta di vedere nella Madonna dell’Insalata un’opera dell’artista lombardo, ha avanzato una ipotesi di degno spessore che potrebbe individuare l’ignota provenienza.

Pare che al Caravaggio fu commissionata fra la fine del 1603 e gli inizi del 1604, la pala d’altare da collocare nel Convento dei Cappuccini di Tolentino e così fu fatto; documenti certi lo attestano.
Adesso sopraggiunge la tesi del professor Bartolozzi: a suo dire è da ritenersi possibile che il dipinto, dopo la soppressione del convento di Tolentino avvenuta nel 1866, sia passato a quello di Recanati, in sostituzione della pala del Calcagni defraudata proprio nel 1866 nella cappella di San Giuseppe, dove appunto fu collocato il Caravaggio o presunto tale.

Ebbene a questo punto, ricordate che vi avevo chiesto di tener a mente la denominazione ufficiosa del dipinto? Bene, da una relazione del giugno 1916, del Soprintendente alle Gallerie del Lazio e degli Abruzzi, Federico Hermanin, in cui riferisce alla Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti lo stato del dipinto, si evince una curiosità che non è affatto irrilevante.

A detta dell’Hermanin, i cespi d’insalata porti dalla Vergine al Bambino, che poi li lava nel catino, potrebbero rivelare un’allusione furbesca a Monsignor Pucci di Recanati, un cardinale presso il quale il Caravaggio aveva dimorato durante i miserevoli anni del suo soggiorno a Roma: proprio questo cardinale, veniva chiamato dal Caravaggio “Monsignor Insalata”, a causa della natura del cibo troppo frugale che il prelato gli somministrava.

Beh però se l’allusione fosse da prendere come valida, allora il dipinto apparterrebbe agli inizi della carriera del Caravaggio e non potrebbe essere la pala di Tolentino del 1603, che possiamo addurre appartenere al periodo maturo; inoltre la provenienza sarebbe da individuarsi nella corte pontificia romana e non nella periferia marchigiana, anche se in effetti, essendo Monsignor Pucci originario di Recanati, potrebbe avergli commissionato la pala per inviarla al paese natio. Non posso esprimermi, non ho prove certe per potermi schierare da questa o da quell’altra parte.

Certo è, che tutti gli indizi parrebbero confermare il dipinto al Caravaggio. E pure la critica è d’accordo in questo, quasi all’unanimità: in pieno contrasto con la teoria del prof. Bartolozzi, il noto storico dell’arte Vittorio Sgarbi è convinto infatti che la pala sia da attribuirsi ad Alessandro Turchi, conosciuto come l’Orbetto.

Per cui alla visione di quanto detto, sorrido all’idea che qualcuno come Sgarbi debba per forza andare controcorrente anche lì dove c’è l’evidenza. È nella natura dello storico dell’arte dire la sua: per qualcuno vige addirittura la regola “giusto o sbagliato purché se ne parli”.
Una visione opinabile, certo, che non vuole intaccare assolutamente la professionalità dell’emerito, ma spinge senza dubbi a considerare come valida l’idea che, nel caso suddetto, quanto affermato dallo storico dell’arte e politico si debba necessariamente vedere come una mezza castroneria. 

PS: Perdonatemi per l'immagine, non ne ho trovate di migliori.

Caravaggio (?), Madonna dell'Insalata, 1595 - 1620 (?),  olio su tela, 
Chiesa dei Cappuccini, Recanati. 

2 commenti:

  1. Salve ho letto il suo commento ,ed è stato molto chiaro, ma non capisco un aspetto del dipinto; se di fuga in egitto o ritorno dalla fuga in egitto si tratta l'angelo a chi porge la palma del martirio????? Ovviamente se di palma si tratta ma la gestualità è quella grazie di una sua eventuale risposta Walter

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  2. Caro Walter, premetto che per quanto abbia studiato le carte inerenti al dipinto, non ho avuto modo di poter visitare il dipinto di persona, per cui mi risulta difficile dare una risposta certa ai suoi quesiti, considerando che come può ben vedere, le immagini riscontrate in internet non sono qualitativamente ottime: detto ciò non posso garantirle che quella sia effettivamente la palma, anche se non escludo che possa esserlo.
    Passando all'altro punto, iconograficamente il Riposo con tanto della presenza dell'angelo, avviene durante la Fuga in Egitto, per cui tecnicamente la raffigurazione è la medesima: è anche vero che il bambino è troppo cresciuto per essere contestualizzato nell'evento narrato nel Vangelo: probabilmente Caravaggio (o l'autore del dipinto) non aveva studiato il soggetto a menadito, ma è solo un'ipotesi.
    Se si dovesse trattare di Caravaggio come io credo, e se la mia ipotesi sull'età sbagliata di Gesù dovesse essere giusta, allora questo relegherebbe il dipinto al 1594 - 1595, i primi tempi in cui Caravaggio si trasferì a Roma sotto Monsignor Pucci: non per altro che, al 1595 è ascrivibile il Riposo nella Fuga in Egitto sito nella Galleria Doria Pamphilj, che presenta un Cristo neonato, come da iconografia, simbolo di uno studio approfondito del pittore a riguardo del tema.

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