domenica 14 aprile 2013

Un museo da riscoprire: Il Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana


Dal 16 al 25 aprile 2013, su tutto il territorio nazionale, si sarebbe dovuta svolgere la tanto attesa XII Settimana della Cultura, un periodo di nove giorni in cui il MiBAC (Ministero per i Beni e le Attività Culturali) avrebbe permesso l’ingresso gratuito in quasi tutti i musei statali dello Stato, a dimostrazione della particolare attenzione riversata nei confronti di popolo sempre voglioso di sapere ed imparare, ma spesso impossibilitato o frenato dal prezzo del biglietto, in un momento di crisi che porta a centellinare anche la minima spesa. 

Così non è stato perché pare che la Spending Review abbia toccato anche la cultura. La mancanza di fondi nelle casse del Dicastero, ha spinto all'annullamento della programmazione. 
Eppure, per quanto sia strano da credere, ci sono musei visitabili gratuitamente anche al di là dell’istituzione della Settimana della Cultura: un esempio tra tutti è il Museo Nazionale dell’Emigrazione  Italiana, sito negli spazi della Gipsoteca del Vittoriano, il cui ingresso è sul lato sinistro dell’Altare della Patria, prima di affacciarsi alla Chiesa di Aracoeli.

Questo museo,  nato nel 2011, in occasione dell'anniversario dell'Unità d'Italia, raccoglie un nutrito numero di testimonianze regionali volte a raccontare l’esodo dell’emigrante italiano in terra straniera tra la fine del XIX ed i primi sei decenni del XX secolo; un museo nuovo quindi, all’avanguardia per quanto riguarda l’installazione di apparecchi multimediali che trasmettono interviste, cine-documentari, film e testimonianze degli emigranti e particolarmente attento alla fruizione da parte dei disabili, disponendo di pedane che collegano le diverse sale che poggiano su livelli diversi. 

Entrando nella prima sala, che presenta una visione d’insieme di quanto sarà esplicato nel lungo corridoio zigzagante che sbobina l’intera mostra, ci si trova d’avanti a documenti, fotografie e stampe, che raccontano per alcuni versi l’inaugurazione del Vittoriano e la sua evoluzione negli anni; da lì ci si avvia verso il salone unico, lungo e largo il necessario per ospitare teche di vetro che raccontano la storia della migrazione italiana. 

Nel salone, quindi, tale storia viene analizzata attraverso tre sezioni principali: il percorso storico di riferimento; il percorso espositivo regionale; il viaggio interattivo nell'emigrazione italiana.

La prima sezione ripercorre la nascita e lo sviluppo della grande emigrazione italiana dalla fine dell’Ottocento ai primi anni del Novecento, un evento caratterizzato dalla impellente necessità  di cercare lavoro. Questa si esplica attraverso tabelle didattiche, testimonianze audio (televisori al plasma installati sulle pareti, trasmettono a loop quanto detto precedentemente), foto, giornali e riviste d'epoca, frasi significative, oggetti caratteristici e date salienti.

A ragione di ciò, devo ammettere che ho trovato decisamente efficace l’allestimento di una parete che raffigurava una tipica partenza, con la gigantografia di un transatlantico sullo sfondo e la disposizione casuale di valigie tipiche dei primi decenni del Novecento. Non meno significative le testimonianze del Corriere della Domenica con le caratteristiche copertine a colori, narranti fatti di cronaca del tempo. In particolare quella del 5 maggio 1912, raffigurava la tragedia del Titanic: una dimostrazione di quanto fosse lenta la divulgazione delle notizie cento anni fa.

La seconda sezione traccia una geografia dell'emigrazione, grazie alla partecipazione degli assessorati, delle istituzioni e delle associazioni regionali, approfondendo le caratteristiche migratorie peculiari di ogni singola regione.

Numerosi sono i documenti, che riportano datazioni che variano dal 1900 al 1930: carte di imbarco, documenti di identità, effetti personali. Addirittura al centro del corridoio nel quale è esposta la seconda sezione, trova luogo una teca preziosissima, che custodisce il contenuto della tipica valigia dell’emigrante degli Anni Trenta: oggetti originali, intrisi di storia e vissuto. 

La terza sezione riguarda la figura dell’italiano all’estero e ripercorre la storica figura del Meucci, il creatore del telefono, mostrando in una teca un prototipo datato agli ultimi anni dell’Ottocento. Ancora, racconta il lavoro degli italiani nelle terre straniere, dall’Argentina ai paesi europei, mostrando particolare attenzione alla loro tipica arte di arrangiarsi e sopravvivere: al centro della sezione, è posizionato un grandissimo organetto degli inizi del Novecento, tenuto in ottimo stato, laccato e smaltato e raffigurante nei pannelli superiori, paesaggi e scenette.

Molto toccante ho trovato il tributo ai minatori di Marcinelle, paese belga, luogo del memorabile disastro avvenuto l’8 agosto 1956, giorno in cui crollò una miniera di carbone, che provocò 262 morti su 274, di cui 136 italiani. Diverse testimonianze analizzavano la questione, supportate da teche che ospitavano gli aggeggi tipici del minatore del tempo e la tuta di uno dei lavoratori di quella miniera.

Nel complesso ritengo che questo sia un progetto molto carino e ben fatto. Probabilmente però, la collocazione dell'ingresso, o l'istituzione recente, lo rendono tra i meno noti della città, a conti fatti, nella mia lunga permanenza  non ho potuto non notare (per ovvie ragioni) di essere l'unico spettatore del museo. 

E onestamente la cosa mi rammarica, perché trovo che questo museo sia capace di rendere il giusto rispetto all'identità di un popolo affascinante, speranzoso e di qualità, come quello italiano e solo per questo vale di essere visitato sia dagli italiani, che sono sicuro, conoscono ben poco della storia del loro popolo, sia dagli stranieri, che ritroveranno in quei nostri antenati, qualcuno che forse, in un periodo come questo, in cui il razzismo e la xenofobia sono ancora una realtà dominante, li avrebbe capiti e accettati senza remore. 







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