lunedì 8 aprile 2013

Stefan Sknilski: un Modigliani polacco che se l'è giocata male

La notizia è del 1907. 
Una notizia tragica, che forse oggi passerebbe inosservata abituati come siamo a vivere la cronaca nera giorno per giorno, nel più anfratto delle sue bruttezze.
Eppur allora lasciò uno strascico di dispiacere e malinconia, la morte causata da suicidio, di un giovane pittore polacco di cui si conoscevano solo generalità e nome: Stefan Sknilski, allora venticinquenne, nato a Skaryszmska, nell’entroterra di Varsavia.

Articolo di giornale che riporta il fatto
di cronaca, 1907, ACS, Roma.
Ho letto l’articolo Un giovane pittore polacco che si uccide al Pincio, in una visione volta al trasformismo: è da qualche giorno che provo a vivere i giornali che puntualmente ritrovo nei fascicoli dell’Archivio, come se fossero d’attualità, provando a trascinare la mia persona a quei lontani anni. 

Di certo, se riuscissi a stupirmi per quello che leggo, se riuscissi anche solo ad immaginare che quello che leggo è attualità, la mia sperimentazione avrebbe un effetto epistemologico; dimostrerebbe che è possibile riuscire a ridimensionarsi anche solo per alcuni secondi, mentalmente a quei lontani anni. Sono un pazzo, lo so. Ma non è di questo che voglio parlare.

Voglio parlare dell’articolo, che non l’ho trovato di forte attualità quanto fonte di ragionamento sulla comparazione tra il giovane Stefan e un altro artista coevo, un certo Amedeo. Ma arriviamoci per gradi.

Il fatto è questo: il giovane pittore polacco si uccise in quel dì di 106 anni da con un colpo di rivoltella destra, a causa delle disperate condizioni economiche cui versava. La cosa che mi ha indotto a riflettere è stato come l’autore dell’articolo, che mi rimane sconosciuto così come il titolo del giornale per cui scriveva e da cui è tratto il suddetto in esame, definisse lo Sknilski “un bohémien”.

Insomma un po’ indotto dalla lettura vorace dell’articolo, un po’ trascinato da quella parola che martella nella mia testa e mi riporta prima che a Roma, alla Parigi di quegli anni, immagino questo ragazzo, che aveva cercato fortuna in Italia come altri suoi connazionali e che non era riuscito nell’intento. Pare avesse spesso chiesto aiuto proprio a quei russi e quei polacchi che lo potevano ben capire nella sua povertà alla costante ricerca di un’occasione. Poi, per la troppa fame forse, o forse per la troppa “fame di fama” mai arrivata, dopo un bicchier di vino e qualche ultima follia, con un colpo di rivoltella, cessò di essere.

E allora mi chiedo. Ma se invece di trasferirsi a Roma, Stefan si fosse trasferito proprio nella patria dell’avant – garde, a Parigi, cosa sarebbe accaduto?

Nel più burrascoso dei viaggi mentali immagino questo pittore biondo con gli occhi azzurri passeggiare per le stesse vie in cui, proprio in quel periodo Henri Matisse comprava una statuetta negra da regalare a Pablo Picasso, sulla quale questo costruirà la sua Les demoiselles d’Avignon.  

A. Modigliani, Ritratto di Jeanne Hebuterne, 1919,
olio su tela, collezione privata.
In fondo solo un anno prima Amedeo Modigliani si trasferì proprio a Parigi, in una comune per artisti squattrinati di Montmartre. Lì Amedeo, sviluppò il suo genio creativo, aiutato probabilmente dalla sua passione per una vita volta alla dissoluzione.

Amedeo, talentuoso e geniale, per quanto uno scrutatore dell’anima, non aveva una costanza accademica nel suo operato: componeva quadri velocemente, non curava il dettaglio né rispettava i canoni di stampo scolastico, ciò nonostante le sue figure respiravano vita, le sue forme longilinee erano un orgasmo di sensualità. 

Ma a differenza di Picasso, Matisse e molti degli artisti di Montmartre e Montparnasse che godettero di notorietà già in vita, la sua fortuna fu postuma. Morì di stenti Amedeo, nella rassegnazione di non esser forse mai stato capito. Ma il suo nome sconosciuto in vita, fu destinato a restare immortale dopo la sua morte, legato indissolubilmente alla sua figura di artista bohemien parigino.

Sknilski e Modigliani. Due artisti partiti dalla loro terra natia e approdati pieni di speranze in una terra che ha prima regalato, poi tolto loro, la linfa vitale. Due artisti che hanno fatto del loro vizio la loro morte e non hanno saputo salvarsi nonostante il loro genio. 
Due artisti che dimostrano però nell'anonimato del primo e nell'adorazione del secondo, come a volte la fortuna di qualcuno è traducibile nel suo trovarsi con le persone giuste, nel luogo giusto, al momento giusto. 





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